PREMESSA
Il trattamento che il modello di Welfare riserva alla famiglia in Italia è oltremodo contraddittorio: da un lato la Carta Costituzionale sottolinea la rilevanza sociale ed economica delle funzioni che la famiglia svolge (procreazione,educazione,cura), dall’altro l’esigenza di equità orizzontale del prelievo fiscale è quasi completamente trascurata, a scapito principalmente di chi ha figli, dallo Stato perciò considerati un lusso: “chi più ne ha più deve pagare”. Vale la pena ricordare che sono circa 1 milione le famiglie con 3 figli e 250.000 quelle con 4 o più, questo secondo dati Istat, destinate all’estinzione nel 2015 e che l’Italia è il fanalino di coda in quanto a tasso di fertilità, raggiungendo a stento l’1,2 contro ad esempio il 2,3 della Svezia e della Francia.
Le cause maggiori di questa preoccupante denatalità sono imputabili principalmente ad una non compatibilità dei tempi di vita con i tempi di cura della famiglia e ad un prelievo fiscale iniquo e non commisurato ai reali carichi familiari..
Infatti il criterio di progressività dell’imposta (equità verticale) per essere effettivo richiede che sia rispettato il principio di equità orizzontale. Cioè, dato uno stesso livello di reddito nominale di 2 diversi soggetti, se su uno di essi gravano oneri obbligatori che ne riducono la capacità contributiva, allora l’imposta non deve gravare sul reddito nominale, ma sul reddito decurtato dei costi necessari per far fronte ai suddetti oneri.
Per cui, a parità di reddito chi ha figli da mantenere non può pagare le stesse tasse di chi non ne ha (chi guadagna 30.000 euro all’anno e vive solo, ha sicuramente una capacità contributiva diversa di chi, sempre con 30.000 euro, deve mantenere 2/3 figli o un anziano a carico.)
SITUAZIONE ATTUALE
La finanziaria adottata lo scorso anno dal Governo Nazionale ha reintrodotto le detrazioni per i familiari a carico eliminando il sistema delle deduzioni adottate dalla precedente legislatura: ciò significa che è aumentata la base imponibile su cui si calcolano le addizionali Irpef disposte in sede locale. E cioè l’importo effettivamente spettante dalle nuove detrazioni viene calcolato sul reddito complessivo del contribuente, infatti maggiore è il reddito complessivo (costituito dai vari redditi, da lavoro, o di altra natura) e minori sono le detrazioni. Ne conseguono due importanti storture.
CONSEGUENZE
Nella definizione di “reddito complessivo” rientra anche la rendita catastale relativa all’abitazione principale, con le relative pertinenze, che pur rimanendo formalmente esente, (e quindi non direttamente tassabile ai fini Irpef) verrà utilizzata come base di riferimento per il calcolo delle detrazioni. Sarà decisiva pertanto per determinare l’entità delle riduzioni d’imposta. Con la conseguenza che il proprietario della prima casa avrà un reddito più alto sul quale calcolare le detrazioni e pagherà più Irpef (anche in termini di addizionali) rispetto ad un contribuente che non sia proprietario di prima casa. Si tratta quindi di una tassa occulta ed iniqua.
Occulta perché formalmente viene mantenuta in vita la norma che dispone l’esenzione Irpef dall’abitazione principale ma, di fatto, il proprietario di casa avrà un carico tributario maggiore rispetto a tutti gli altri contribuenti Irpef.
Iniqua perché colpisce, ai fini di una imposta sui redditi, una manifestazione di ricchezza del tutto virtuale come quella rappresentata dalla rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Ne deriva che, pur senza aumentare la misura dell’addizionale, come avvenuto in diversi comuni (in 406 è rimasta invariata, in 3 casi virtuosi, ridotta), i Comuni e gli Enti Locali riscuotono una somma maggiore rispetto all’anno scorso, perché la stessa addizionale si applica ad un reddito che è diventato, sia pur solo virtualmente maggiore. Il risultato è che vengono penalizzate le famiglie con figli perché mentre le deduzioni con figli a carico riducevano la base imponibile su cui veniva calcolata l’Irpef da pagare, ora le detrazioni lasciano invariata la base imponibile e riducono direttamente l’imposta. Perciò, se prima la deduzione per i figli abbassava la base imponibile su cui si pagava lo 0,3% di addizionale comunale, adesso la base rimane uguale e su questa si paga lo 0,6%. Chi non ha nessuno svantaggio sono i single che non hanno né deduzioni né detrazioni.
PROPOSTA
Un sistema fiscale equo deve essere impostato su forme di risparmio fiscale e non su forme di erogazioni più o meno assistenziali: lo Stato attraverso l’imposizione fiscale non deve cioè privare il cittadino di mezzi necessari per spese inevitabili come il mantenimento e l’educazione dei figli per poi concedergli sussidi come assegni, bonus o altre previdenze. Il risparmio fiscale viene prima dell’assistenza sociale: questa è sussidiarietà fiscale perchè l’erogazione sotto qualsiasi forma di contributi aggiuntivi, non comunica lo stesso grado di libertà e dignità del risparmio fiscale.
Non si può d’altro canto porre come giustificazione l’incremento dei servizi offerti: i servizi sono utili ma attengono ad un aspetto diverso della vita familiare, sono utili, ma non si può imporre alle famiglie di servirsene perché i genitori sono, costretti da una miope politica fiscale, a lavorar tutto il giorno, invece di avere la possibilità di disporre del denaro guadagnato per poter decidere come organizzare il proprio tempo nell’interesse della miglior crescita dei figli .
L’Amministrazione è giusto che fornisca servizi ma il costo di essi non può ricadere solo su chi ha familiari a carico.
SI IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA DEL COMUNE DI FANO
Ad applicare la norma presente in finanziaria che dice, come sottolineato recentemente anche dal Ministro Visco: “I Comuni possono tener conto della composizione familiare e del reddito e decidere eventuali abbattimenti, le Amministrazioni locali possono stabilire autonomamente gli sgravi ”.
Per rendere meno pesante questa ingiustizia sociale si chiede che vengano applicate le addizionali previste in funzione delle fasce di reddito esistenti, tenendo conto delle diversità che ci sono tra chi vive solo e chi ha carichi familiari, modulando il prelievo in base al numero dei componenti familiari Una sorta di quoziente familiare da calcolarsi sull’addizionale.
Un aumento della detrazione per l’abitazione principale in base alla composizione del nucleo familiare, oppure l’esenzione totale se ci sono condizioni di disagio economico molto forti.
Una revisione dei criteri di valutazione della situazione economica per l’accesso ai servizi tenendo conto del numero dei figli (L’ISEE indicatore di situazione economica equivalente valuta la nascita del terzo figlio come un risparmio ,non come un costo e quindi penalizza quel tipo di nucleo familiare).
Risulta indispensabile attuare un principio di equità mediante un riesame delle tariffe, dei tributi e delle varie rette comunali (tariffe energia, gas e acqua, rette di accesso ai servizi di mensa e trasporto scolastico, ecc.) in funzione non solo del reddito, ma anche del carico familiare e della presenza di soggetti deboli in modo tale da eliminare o ridurre il notevole svantaggio in cui si trovano le famiglie nel pagamento delle utenze.
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