Nei prossimi giorni verrà proposta una modifica al regolamento comunale relativa al diritto di parola dei consiglieri sulle osservazioni al Prg. In sostanza si prevede che possano esercitare tale diritto solo i capogruppo consiliari escludendo così i singoli consiglieri comunali. Questa norma non danneggia noi di Bene Comune, in quanto il nostro consigliere svolge anche la funzione di capogruppo, ma ci preoccupa questa proposta dal punto di vista del principio generale.
Il senso di questa norma è ovviamente quello di abbreviare i tempi per la discussione e l’approvazione definitiva del Prg. Si tratterebbe probabilmente di concludere in un mese un procedimento per il quale, altrimenti, sarebbe necessario un paio di mesi. Ma la democrazia ha le sue regole e non si può mettere a rischio solo per risparmiare un mese di tempo su un percorso complessivo di circa un anno e mezzo (la maggior parte dei quale preso dagli uffici tecnici per i loro adempimenti) e su un atto che è uno dei più importanti di tutta l’attività comunale che investe, nel bene e nel male, le coordinate di uno sviluppo futuro non solo urbanistico, ma anche sociale, economico ed ambientale della città.
La tentazione di chi governa di pensare di rappresentare tutti è molto forte, e deriva spesso da una “ubriacatura” del potere. Essi in realtà rappresentano solo una parte, coloro che li hanno votati, anche se le Istituzioni che presiedono dovrebbero essere al servizio di tutti.
Rappresentare tutti è ben altra cosa, e comporta l’ascolto attento di ogni istanza. Ascolto che deve tenere adeguatamente conto che anche le minoranze sono portatrici di una parte di verità, o comunque di posizioni legittimamente votate dai cittadini.
La democrazia oggi è in crisi un po’ in tutto il Paese, in quanto vive una situazione paradossale: da un lato è largamente condiviso che essa costituisca un sistema valido ed insostituibile di conduzione della vita pubblica; dall’altro numerose trasformazioni sociali ne hanno reso più difficile la gestione. In discussione quindi non è più il valore in sé della democrazia ma le modalità del suo esercizio. In questa situazione emerge con sempre più chiarezza l’insufficienza dell’applicazione, in senso puramente formale, del principio di maggioranza, con il pericolo della sistematica penalizzazione delle minoranze. Questo può comportare processi che riducono l’accesso alla gestione del potere soltanto ad una parte della cittadinanza.
Tutto ciò è spesso favorito dalla presenza di poteri forti che cercano progressivamente di sostituirsi a quello politico o tendono, quanto meno, a subordinarlo a se stessi. Ma se i gruppi di pressione sono un elemento fisiologico della vita pubblica, essi rappresentano una minaccia per la democrazia se si muovono in modi non trasparenti nella società e si sottraggono alla dialettica politica.
Al fine di esorcizzare questo pericolo si manifesta, per chi governa, la necessità di prendere in considerazione le esigenze dell’intera realtà sociale, senza ledere mai i diritti delle minoranze: queste sono le uniche condizioni che impediscono al governo della maggioranza di diventare una “dittatura della maggioranza”.
Spesso certe situazioni sono giustificate, e questa potrebbe essere anche l’opinione del cittadino comune di fronte al provvedimento che il Consiglio Comunale di Fano si accinge a votare, dalla necessità di prendere le decisioni in maniera efficiente e nel minor tempo possibile.
Ma questo è un altro grave rischio per la democrazia: infatti il diffondersi di una mentalità e di un costume improntati all’assenza di partecipazione e alla tendenza alla delega, nonché all’affidamento eccessivo a chi gestisce il potere, comporta lo scadere nel populismo, che favorisce la tendenza a passare sopra alle regole e alle procedure della politica e ad assumere comportamenti ispirati al qualunquismo ideologico e al pragmatismo.
Per tutte queste ragioni, ragioni di principio ma fondamentali per il futuro della democrazia nel nostro Paese, tornando al provvedimento proposto dalla giunta fanese, esso ci pare quindi del tutto fuori luogo.
Ovviamente vanno condannate parimenti anche forme di ostruzionismo fini a se stesse che potrebbero essere messe in atto da parte di alcuni consiglieri comunali di minoranza, discorsi ridondanti e posizioni eccessivamente “attendiste” che non aggiungono niente nel senso di integrare e migliorare i provvedimenti proposti, ma che nascondono mancanza di idee o di volontà di collaborazione.
Ma il rischio è ovviamente quello che, una volta introdotta questa norma anche solo per un argomento, poi per analogia la si possa estendere anche ad altri atti fondamentali della vita del Consiglio Comunale, quali il Bilancio, ed altri provvedimenti di programmazione generale. Saremmo quindi di fronte ad un vero e proprio svuotamento delle funzioni e delle prerogative del Consiglio Comunale stesso.
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