1) IL CAMMINO FATTO FIN QUI
1.1 ) Un cammino pieno di soddisfazioni
Fino ad oggi abbiamo percorso un cammino non facile, ma pieno di soddisfazioni. Non ripercorrerò questo cammino, che è noto a tutti, anche perché voglio evitare le autocelebrazioni. Ma la domanda che spesso mi pongo è: sapremo mantenere le aspettative?
Mi ripropongo di rifletterci insieme, tramite gli spunti che cercherò di offrire in questa relazione, e tramite il dibattito che spero la seguirà.
2) IL VALORE DELLA NOSTRA PRESENZA
2.1) Una speranza per gli altri
Già nell’assemblea dell’anno scorso partivo dalla considerazione che molte persone guardano a noi, al nostro impegno, alle posizioni che esprimiamo, al fatto che siamo una speranza di cambiamento, la dimostrazione che è possibile un impegno serio e disinteressato anche in politica.
Stiamo testimoniando che è possibile ridare valore positivo alla politica, che si può fare politica in spirito di servizio, che si possono rimettere al centro dell’impegno politico i bisogni della persona, che si può avere come unica meta il perseguimento del bene comune. In tanti ci osservano proprio per questo. Ci sono anche altri gruppi che stanno tentando percorsi simili, e ciò è di buon auspicio. Noi possiamo dimostrare che ciò che ancora per molti è un’utopia, è invece una cosa possibile, e senza scorciatoie demagogiche o populiste: la politica è impegno, lavoro duro, di studio, di partecipazione, di confronto, di analisi dei problemi alla ricerca delle possibili soluzioni. Abbiamo quindi una grossa responsabilità, a cui non possiamo venire meno.
2.2) Il nostro impegno a riformare la politica
Ma questo nostro impegno a riformare la politica deve essere continuamente sottoposto a verifica (per non rischiare di appiattirci nell’affrontare i problemi quotidiani), e deve trovare sempre nuove fonti ispiratrici che ci rimettano in discussione.
Riformare la politica vuol dire anche sentirsi continuamente come un “laboratorio”. Vuol dire avere il coraggio di “rompere gli schemi” di una politica che fatica a riformare se stessa. Anche mettere in discussione il bipolarismo, ad esempio, non deve essere un tabù. Io l’ho fatto di recente in un mio articolo, non perché penso che quella sia una soluzione attualmente praticabile, né la migliore possibile, ma per tenere la mente “aperta”, sempre disponibile a ragionare su nuovi possibili scenari.
Ho apprezzato, in questo senso, ciò che ha fatto il consigliere Giovanni Maiorano. Il tentativo di aprire nuove strade, di alimentare il dialogo con più interlocutori, di capire quale possa essere lo spazio giusto per un “riformismo di chiara matrice cattolica”, è una cosa che gli fa onore, e che spero possiamo incontrare anche sulla nostra strada.
Il bipolarismo, in effetti, è una condizione che mi convince sempre meno. Tra le altre cose ha prodotto un appiattimento – all’interno dei due schieramenti – che ha causato una sempre minor distinzione apparente tra la sinistra e la destra.
Diceva Alex Langer a questo proposito che: “oggi tutto è terribilmente più complesso. E’ assai difficile stabilire cosa voglia dire essere di sinistra o di destra oggi, e distinguere la sinistra per le sue opere, e non solo per le sue parole.
Prendiamo ad esempio la politica estera e militare – diceva lui – dove notoriamente sinistra e destra si comportano in genere come il cacciatore ed il bracconiere: fanno le stesse cose, ma si distinguono per la qualificazione nominale di quel che fanno.
Prendiamo l’insistenza della sinistra per lo “sviluppo” industriale, la crescita del PIL, le privatizzazioni”.
Venendo a noi, pensiamo a tutti i discorsi sulla necessità di nuove grandi infrastrutture (strade, porti, aeroporti). Alle città che vogliono tutte nuovi porti turistici per yacht miliardari (si pensi a Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona), (quanti porti serviranno per attirare quanti miliardari e per il bene di chi?) o all’idea di costruire strade in Project Financing (vedi la Fano-Grosseto).
Questa “tensione” ad essere un laboratorio, pronto a ragionare ed a contribuire a nuovi scenari, ci deve contraddistinguere rispetto ai partiti, insieme alla consapevolezza, di essere una esperienza temporanea, che vuol contribuire in una certa fase a migliorare la politica senza rincorrere a tutti i costi motivi più o meno plausibili per giustificare la nostra sopravvivenza.
2.3) Una lista di cristiani
Io sono personalmente convinto che per noi cristiani fare politica risponda ad una precisa “chiamata”, ad un compito a cui, prima o poi, non possiamo sottrarci. Essa è “arte nobile è difficile” ci ricordava Don Tonino Bello nelle sue celebri “lettere sulla politica”.
Egli partiva da uno spunto felicissimo di Paolo VI che diceva “la politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri” (Octogesima Adveniens) e poi proseguiva dicendo:
”Innanzitutto,arte. Il che significa che chi la pratica deve essere un artista. Un uomo di genio. Una persona di fantasia. Disposta sempre meno alle costrizioni della logica di partito e sempre più all’invenzione creativa che gli viene richiesta dalla irripetibilità della persona. Arte, cioè programma, progetto, apprendimento, tirocinio, studio. E’ un delitto lasciare la politica agli avventurieri. E’ un sacrilegio relegarla nelle mani di incompetenti che non studiano le leggi, che non vanno in fondo ai problemi, che snobbano le fatiche metodologiche della ricerca e magari pensano di salvarsi con il buon cuore senza adoperare il cervello.
In secondo luogo nobile perché legata al mistico rigore di alte idealità. Nobile, perché emergente da incoercibili esigenze di progresso, di pace, di giustizia, di libertà. Nobile, perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria.
In terzo luogo difficile perché le sue regole non sono assolute e imperiture. Sicché proprio per evitare i pericoli dell’ideologia, vanno rimesse continuamente in discussione. Difficile perché richiede nei credenti in modo particolare, la presa di coscienza della autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale, e il riconoscimento della sua laicità e della sua mondanità. Difficile perché significa sottrarsi alla tentazione, sempre in agguato, dell’integrismo. Difficile perché significa affermare, pur nell’ambito della comunità cristiana, un pluralismo di opzioni: anche se questo non significa che tutte si equivalgono o che tutte siano efficaci e significative.
Arte difficile per il credente soprattutto, che ha il compito, più che di menar vanto della sua ispirazione cristiana, di trovare quelle mediazioni culturali che rendono credibile il suo impegno politico. “
Pertanto l’impegno politico è un compito che dobbiamo svolgere perché cristiani, e da cristiani, non dobbiamo mai far venir meno la nostra identità. Ciò non significa cadere automaticamente nel confessionalismo. Nel convegno di Retinopera a Vallombrosa nel luglio di quest’anno, questo concetto dell’identità è stato ampiamente dibattuto.
La riaffermazione di una identità culturale, sociale, di elaborazione di un proprio pensiero progettuale, dei cristiani in politica, è una esigenza irrinunciabile. Oggi purtroppo la parola identità è spesso legata alla parola separazione, divisione, o peggio ancora esclusione. Niente di più sbagliato. L’identità è ciò che è proprio di ogni cultura.
Se l’emergenza di oggi è la mancanza di valori condivisi, ciò è dovuto al fatto che non ci si confronta più tra diverse identità, alla ricerca di una alleanza, ma si passa alla fusione, all’omologazione, alla ricerca della mediazione tout court, anche quando non è necessario. Una alleanza presuppone recuperare il dialogo tra identità, quindi tra soggetti diversi e distinti. Le identità non sono negoziabili come tali, come modo di essere, ma si devono discutere le idee, le proposte che ne scaturiscono.
Troppo spesso invece le identità non si parlano più e, quando non vengono annullate, finiscono solo per lanciarsi slogan unidirezionali. Ovviamente le identità sono tanto più minacciate quanto più le persone sono incapaci di viverle, di assumerle con coraggio.
Per questo c’è bisogno che i cristiani riaffermino la propria identità anche in politica, e coltivino spazi in cui possano elaborare una loro originale proposta, da portare al confronto ed al dialogo con le altre identità. Spazi organizzati, riconoscibili, sia dentro che fuori i partiti.
In questa prospettiva, con la riaffermazione di questa identità, ma anche con la piena consapevolezza della laicità della politica, abbiamo l’ulteriore compito di fare rete con altre liste e movimenti di altre città o paesi, per perseguire insieme obiettivi più ambiziosi rispetto al contesto cittadino
3) LE COSE FATTE E QUELLE DA FARE
3.1) La presenza in Consiglio comunale
Della nostra presenza in Consiglio Comunale possiamo essere orgogliosi. Grazie a Carlo De Marchi, che con enormi sacrifici e grandi dispendi di energie mentali, ha imparato giorno per giorno la complessità di quella attività, abbiamo presentato un numero considerevole di mozioni, interrogazioni, ordini del giorno, facendo certamente di più di molti altri partiti più strutturati ed esperti di noi.
Se dovessimo quindi fare un bilancio oggi, io ritengo che esso sia ampiamente positivo. Ma c’è ancora tanto da fare e occorre il contributo di tutti. Tenendo conto poi che la gente, purtroppo, si ricorda solo ciò che hai fatto negli ultimi mesi prima del voto, allora il lavoro maggiore e più importante bisogna considerarlo ancora da fare.
3.2) Il nostro impegno nella comunicazione
Per un gruppo piccolo e con mezzi limitati come il nostro, la comunicazione di ciò che facciamo e del nostro stile di impegno, è fondamentale, altrimenti rischiamo di essere “dimenticati” dalla maggior parte dei cittadini.
La nostra presenza sulla stampa locale segnava al 30 settembre una rassegna di 149 articoli (scritti da noi o che parlano di noi) pubblicati sui tre principali quotidiani, rispetto ai 101 articoli pubblicati alla stessa data nell’anno precedente.
Il trimestrale cartaceo il Pungiglione di cui abbiamo già pubblicato 7 numeri (e l’ottavo è in lavorazione) con numerosi interventi ed articoli, ha raggiunto una tiratura di oltre 2500 copie distribuito in 27 edicole ed in alcune librerie
La news-letter telematica il Pungiglione Flash che ha ripreso ad essere inviata a oltre 500 indirizzi e-mail, dopo la prima versione fatta in campagna elettorale, e che oggi è giunta al 13° numero, è stato un altro importante strumento.
Ma dobbiamo aumentare l’impegno in altri canali: vedi la radio e la tv locale, perché purtroppo una piccola percentuale di popolazione legge i giornali, e l’indirizzario e-mail è ancora poco numeroso.
3.3) Avviare un percorso di ascolto e di confronto nei quartieri
Un altro mezzo di comunicazione, ma anche e soprattutto uno strumento per raccogliere problemi e sollecitazioni dai cittadini, è programmare una serie di incontri nei quartieri. Su questo punto avevamo già avuto una sollecitazione da Ferrante prima dell’estate, ed io penso che abbia ragione. Allora, pur con un percorso compatibile con le nostre forze, questi incontri vanno messi in cantiere. Attendo suggerimenti e disponibilità da qualcuno per stendere un crono-programma che potrebbe partire già da novembre di quest’anno.
3.4) Recuperare l’impegno dei giovani
Recuperare l’impegno e il coinvolgimento dei giovani deve diventare una delle nostre priorità. Lo dovrebbe essere per tutta la politica. Chi non si appassiona al destino dei giovani, vuol dire che non ha a cuore neanche il proprio futuro.
A riprendere con determinazione questo tema mi ha ispirato un pezzo di Mons. Menichelli: “la verità con i giovani e per i giovani” sull’onda del quale poi ho scritto anch’io una modesta riflessione (un articolo intitolato “il disagio giovanile” che conto di inviare in rete nei prossimi giorni), al fine di sottolineare l’importanza che dobbiamo riservare all’argomento.
4) LE SFIDE FUTURE CHE CI ASPETTANO
4.1) Verso le elezioni comunali del 2009
In vista delle elezioni comunali del 2009 abbiamo lavorato per redigere un elenco di punti che per noi sono importanti, che ripartono dai nostri valori ispiratori, e che vorremmo offrire ad un dibattito che inevitabilmente si aprirà subito dopo le primarie del Pd. Sono questioni che vanno ulteriormente approfondite e maggiormente dettagliate, ma alcune delle quali sono questioni “irrinunciabili” che determineranno, per noi, le possibili alleanze.
La prima bozza del documento è disponibile fin da oggi, anche se necessiterà probabilmente una ulteriore rifinitura. Esso deve diventare oggetto di specifico dibattito tra di noi, per far si che la sua versione definitiva sia il più ampiamente condivisa da tutti i nostri soci e simpatizzanti.
Se, e quali alleanze costruire in vista della prossima scadenza elettorale, è ancora tutto da stabilire. Esse dipenderanno da molte cose, ma in primis dalla condivisione di alcuni fondamentali punti programmatici, e dalla condivisione del percorso per individuare il candidato sindaco e la squadra di amministratori che lo dovrà affiancare.
Sulle primarie per individuare il candidato sindaco, abbiamo già a suo tempo (quando lanciò la proposta Matteo Ricci) espresso le nostre perplessità. Esse possono essere utili in determinati casi, o inutili se non perfino dannose in altri casi.
In attesa però di entrare nel merito della discussione se farle e come farle, noi abbiamo comunque predisposto delle ipotesi di loro regolamentazione. Perché non c’è dubbio che in questo caso anche la forma è sostanza e noi vogliamo essere pronti a dare il nostro contributo su questo tema.
Sulle caratteristiche del futuro sindaco metto in nota un articolo sull’identikit del candidato ideale, affinché possa aiutarci tutti quanti a riflettere sulla necessità di dare un vero segnale di novità, se vogliamo veramente riappassionare la gente ai temi della politica.
Ma oltre a tutto ciò, noi come Bene Comune dobbiamo mantenere un attaccamento alla nostra specificità. Non dobbiamo solo portare forza e idee ad una eventuale coalizione (se ci saranno le condizioni per una alleanza), ma anche voti alla nostra lista.
Questo significa mantenere una certa distinzione di comportamenti e anche (perché no) di programma, e significa lavorare sulla nostra identità. Altrimenti si corre il rischio di essere omologati e di essere percepiti come un altro partitino. Noi quindi dobbiamo comunque costruire un nostro programma (e dobbiamo farlo nella maniera più partecipata e dettagliata possibile), specie nel sociale, che è una delle nostre principali peculiarità, dobbiamo tentare di rappresentare le esigenze del maggior numero di associazioni ed soggetti del terzo settore, a prescindere dalle loro appartenenze politiche. Ciò sarà possibile solo se manteniamo la nostra specificità di lista civica, comunque autonoma ed indipendente (anche qualora fosse inserita in una coalizione)
4.3) Il rapporto con il PD
Volenti o nolenti il PD rappresenta il partito più importante con cui dovremo confrontarci. Sia per il suo peso oggettivo dentro il centro-sinistra, sia perché rappresenta – finora – l’unica novità politica di questi ultimi periodi. E’ il partito in cui militeranno alcuni amici cristiani, è il punto di riferimento di altri amici che stimiamo e a cui ci lega una bella storia. E’ il partito che legittimamente potrebbe attirare anche l’impegno di qualcuno di noi, ma è, purtroppo, anche quello con le maggiori contraddizioni tra i programmi enunciati ed i comportamenti attuati.
E’ presto per dare un giudizio su questo partito che prenderà il via ufficialmente sabato prossimo, ma le premesse non sono state delle migliori (per usare un eufemismo)
Io personalmente ho già espresso da tempo la mia posizione, e riconfermo che non sono interessato. Come lista abbiamo ugualmente dichiarato che non siamo interessati a confluire in questo nuovo partito (sarebbe una contraddizione in termini).
Ma io parteciperò alle primarie e voterò per Rosy Bindi. Per due motivi: perché considero Rosy Bindi abbastanza vicina alle mie sensibilità politiche e valuto positivamente il suo impegno fino ad oggi, e per sostenere i tentativo di rinnovamento operato da Francesco Torriani dentro l’ex-Margherita.
4.4) Il rapporto con gli altri partiti e la peculiarità di una lista civica
Ma oltre al rapporto con il PD – che è l’argomento del momento – noi non dobbiamo trascurare parimenti il rapporto con gli altri partiti. Una certa sintonia di contenuti è ravvisabile con Sinistra Unita, di cui apprezzo molto la bozza di programma che hanno presentato alcuni mesi fà, e se non sfocerà in una vera e propria alleanza, sarà sicuramente un confronto utile e costruttivo che mi auguro si intensifichi.
Ma noi dobbiamo comunque tenere un canale aperto di confronto con tutti i partiti, anche con quelli che oggi sono in maggioranza nel Comune di Fano, perché anche con alcuni di loro abbiamo avuto approcci positivi, ed abbiamo addirittura condotto battaglie comuni. Sulla battaglia contro la privatizzazione dell’acqua e contro l’ingresso nella società unica provinciale insieme ad Hera SpA, ad esempio, non posso nascondere che senza l’impegno della lista La Tua Fano e di Alleanza Nazionale questo obiettivo non avremmo potuto coglierlo.
D’altronde, dicevamo in un editoriale de Il Pungiglione, una lista civica nasce per riportare il cittadino al centro dell’azione politica e pertanto si forma su contenuti e progetti identificati come prioritari rispetto alle collocazioni politiche
Per questo noi dobbiamo lanciare anche un appello per un confronto – su alcune priorità cittadine – con tutti i partiti. Un appello ad abbandonare le polemiche pretestuose e, almeno saltuariamente, provare a creare luoghi di incontro, forum con i cittadini, ecc.
Rilanciare il dialogo è anche un modo per riavvicinare i cittadini alla politica. Per tentare di “nutrire” la democrazia della partecipazione costante di più persone possibili; partecipazione che sicuramente si può esprimere maggiormente nei momenti in cui non è necessario “schierarsi”. Penso al contributo che potrebbe dare il tessuto associativo di cui la nostra città è ricca, e che spesso non interviene per non essere strumentalizzato.
Noi non siamo un partito, né vogliamo diventarlo; quindi dobbiamo comportarci diversamente, anche nella ricerca della vera partecipazione popolare.
4.5) Le liste civiche promosse da Beppe Grillo
L’ingresso nell’agone politico di altre liste civiche è, per noi, il benvenuto. Più aumentano le persone che si interessano alla politica e meglio è in quanto ciò fa aumentare la possibilità di un ricambio della classe dirigente, e nel contempo rafforza il tessuto democratico che oggi rischia una pericolosa involuzione.
Ovviamente Beppe Grillo ed i suoi amici dovranno dimostrare capacità nel trasformare in proposte politiche quelle che fino ad ora sono state proteste nei confronti di un sistema politico divenuto insopportabile, e dovranno mostrasi capaci di trasformare le idee in proposte politiche attuabili.
Ciò non è affatto facile né scontato. Se non ci saranno dei valori fondativi forti, degli ideali democratici autentici, una visione del futuro positiva e carica di speranza per il destino di uomini e donne, non sarà possibile garantire per queste liste civiche un impegno concreto e continuativo nel tempo.
Noi ci auguriamo, inoltre, che la purezza e la buona fede dello spirito innovativo di Grillo e dei suoi meet-up non siano fagocitati e strumentalizzati da personaggi politici che vorrebbero cogliere questa occasione per riciclarsi, rifarsi una verginità politica, rilanciare la propria immagine. Se vorranno essere vere liste civiche dovranno darsi delle regole chiare, trasparenti, ma anche rigorose, riguardo le persone che ne potranno fare parte. In ogni caso per noi potranno essere dei preziosi compagni di viaggio, almeno per alcune specifiche battaglie.
4.6) Il “focus” sulla città
A differenza degli altri partiti (e qui sta gran parte della nostra diversità) che devono essere coerenti con linee politiche regionali e nazionali, per noi tutto parte e finisce nella città. Ciò non vuol dire non affrontare anche temi di politica generale, ma la cura e l’interesse per la nostra città, ed ovviamente per tutti i suoi cittadini, sono il “focus” della nostra azione. Per affrontare questo impegno con lo spirito giusto, ho pensato di usare le parole di La Pira.
La Giunta Comunale non è padrona della città e non ne può disporre a suo piacimento secondo le sue sensibilità o assecondandone le più o meno legittime pressioni a interessi di parte, ma essa ne è custode. Questo concetto del “custode” di un bene comune che deve essere trasmesso alle generazioni futuro, dopo averlo conservato nel migliore dei modi, è stato ben espresso da La Pira:
“Le generazioni attuali non hanno il diritto di distruggere una ricchezza che è stata loro affidata in vista delle generazioni future. Si tratta di beni che derivano dalle generazioni passate, e di fronte ai quali le presenti rivestono la figura giuridica degli eredi fiduciari: i destinatari ultimi di questa eredità sono le generazioni successive. Ci troviamo di fronte a un caso che i Romani definivano: sostituzione fidecommissaria, cioè di un fidecommesso di famiglia destinato a perpetuare in seno al gruppo familiare l’esistenza di un determinato patrimonio. “Ne domus alienaretur sed ut in familia relinqueretur”. Ecco definita con mordente chiarezza la posizione giuridica delle attuali generazioni di fronte alle città che sono state loro trasmesse dalle generazioni precedenti. Nessuno ha il diritto di distruggerle: dobbiamo conservarle, integrarle, ritrasmetterle; non sono nostre, sono d’altri.
5) CONCLUSIONI
5.1) L’impegno personale di ciascuno ed il suo contributo
Ci aspetta un periodo di intenso lavoro. Per arrivare alle elezioni amministrative del 2009 con le credenziali giuste per chiedere ai cittadini di sostenerci con il loro voto, quanto e di più hanno già fatto nel 2004, dovremo mettere in campo tutta la nostra creatività e le nostre competenze. Ma questo non basterà per affrontare i problemi complessi che si trova di fronte la nostra città e proporre le giuste soluzioni.
Allora dovremo umilmente fare ricorso anche a contributo di persone esterne. Aprire un grande sforzo di consultazione, almeno su alcuni grandi temi, deve essere il nostro obiettivo nel prossimo anno.
Ad esempio nell’urbanistica. Con l’ascolto di esperti, professionisti, promotori della bioarchitettura. Nella sanità. Con l’incontro di medici, paramedici, associazioni sanitarie e socio-sanitarie. All’interno delle Istituzioni. Con l’ascolto dei dipendenti comunali e di altri dipendenti pubblici, al fine di capire come riformarne al meglio il funzionamento della “struttura organizzativa del Comune”. Ecc. ecc.
In tutti i settori, nonostante la nostra esperienza e plurisettorialità di provenienza, non dobbiamo mai correre il rischio di essere autoreferenziali, e quindi sarà necessario trovare, con apposite iniziative, il concorso di tutti coloro che hanno esperienze in materia, o possono esprimere i loro bisogni ed il loro punto di vista.
Gabriele Darpetti
NOTE
Nota – Il decalogo di Mons. Tettamanzi per gli Amministratori
1) Preferire la giustizia sopra ogni cosa;
2) Rispettare la legge sempre;
3) Non porre in contrasto la legge con la giustizia;
4) Scegliere i migliori e non i cosiddetti amici;
5) Anteporre il bene comune al bene individuale;
6) Valorizzare le risorse della società e non le nostre personali;
7) Non accettare mai da nessuno denaro, favori, adulazioni, regali;
8) Non utilizzare i beni di tutti a nostro uso personale;
9) Non moltiplicare i compensi oltre il dovuto;
10) E, infine, se una preferenza volete accordare, accordatela ai deboli, ai poveri, a quelli senza voce, a quelli che nessuno vuole.
(da “Uscire per le strade” – di Dionigi Tettamanzi – Mondatori, Milano 2006)
Nota – La verità con i giovani e per i giovani.
La verità non deve mai conoscere manipolazioni. Un obbligo eticamente vincolante soprattutto nei confronti dei giovani. Abbiamo costruito una società dove tutto deve essere garantito, compresa la felicità e l’abbondanza. Una miopia devastante, alimentata dai pifferai della comunicazione che, fra le altre cose, ci fa guardare solo i giovani in giacca e cravatta.
In realtà occorre saper guardare il mondo giovanile nel suo complesso, anche quella parte spaurita e fragile, segnata dalla solitudine e dalla schiavitù del non lavoro, dalla precarietà e incertezza rispetto al futuro. Fa profonda tristezza, l’assenza quasi totale del vocabolo “i giovani” dal lessico della politica. I giovani sono sempre pensati, descritti e visitati come un problema.
La stagnazione economica li rende smarriti, insoddisfatti, precari. Precari non solo nel lavoro, ma negli affetti, nelle scelte esistenziali. I giovani italiani passano per mammoni, ma la verità è un’altra; senza una famiglia d’origine che funga da ammortizzatore, quanti possono permettersi, finiti gli studi, di rendersi autonomi e formare un nucleo familiare?
Se non si affrontano coraggiosamente i nodi del lavoro, della casa, dell’accesso al credito, se non si sconvolge la cultura della precarietà attraverso un profondo patto di solidarietà intergenerazionale, diventa inutile riversare moralismi di maniera sui giovani.
Dire la verità ai giovani significa non solo porli con realismo dinanzi ai nodi strutturali dell’economia, ma soprattutto decidere con loro di districarli, anche attraverso la rinuncia a sacche di privilegio consolidate e garantite. Dire la verità ai giovani significa anche uscire insieme a loro dal vuoto spirituale; ritrovare il senso della misura e un patrimonio di norme e valori condivisi che permettano di stabilire cosa è moralmente giusto o sbagliato; proclamare l’intolleranza verso ogni tipologia di menzogna, perché la tolleranza della menzogna conduce all’indifferenza; riscoprire insieme a loro le radici culturali di una cittadinanza consapevole, quelle codificate nel pensiero che ha generato la Carta Costituzionale.
(tratto dal messaggio dell’Arcivescovo Edoardo Menichelli agli uomini e alle donne della politica
e delle istituzioni per il Natale 2006)
Nota – Estratto da “l’identikit del candidato ideale”
Dovrebbe essere una persona che sappia parlare con il cuore in mano, garantendo il suo impegno massimo, ma senza promettere cose che non conosce.
Che sia evidente a tutti che fa politica in spirito di servizio, e che più che essere direttamente il protagonista sappia far parlare gli altri: i giovani ai giovani, le donne alle donne, i professionisti ai professionisti, gli immigrati agli immigrati. Che si circondi di persone e collaboratori seri, ognuno dei quali .per la sua categoria o condizione, sappia trasferire i bisogni dei cittadini in proposte politiche, affinché lui le possa armonizzare e concretizzare nella prospettiva del bene comune. Una prospettiva che può essere selettiva, e che pertanto qualora fosse necessario dire dei no, essi siano accompagnati sempre da una motivazione sufficientemente chiara che tutti sappiano accettare.
Che sappia ascoltare tutti, gli amici ed i nemici, la sua maggioranza e l’opposizione, il cittadino più umile al pari dei rappresentanti di importanti interessi, che si confronti con tutti, senza pregiudizi di alcun tipo, e che sappia accettare umilmente anche le buone idee che provenissero dai suoi avversari politici. Che abbia il coraggio di scegliere e di decidere, pur nella consapevolezza che ogni scelta può essere discutibile, incompleta, adatta solo in quella circostanza storica e quindi non ripetibile.
Che dimostri di fare politica con gratuità, ossia che percepisca il giusto compenso per il lavoro che svolge, ma che, non dipendendo dalla politica, possa al termine del suo mandato tornare alla propria occupazione, uscendo dall’impegno politico nella stessa condizione sociale, e finanziaria, in cui era quando è entrato, avendo il coraggio di passare la mano a tempo debito senza sentirsi indispensabile.
Che abbia il desiderio di vincere, di dimostrare la propria qualità e la propria passione, ma senza che questo desiderio diventi assoluto al punto da non avere il coraggio di perdere pur di rimanere coerente con i propri valori.
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