In una riflessione per gli operatori della politica, fatta esattamente 20 anni fa a Molfetta, Don Tonino Bello ammoniva sui danni della partitocrazia. Quelle previsioni sono oggi diventate più evidenti ed eclatanti. Affinché i partiti ritornino ad essere uno strumento della democrazia, e non i monopolizzatori della vita politica e sociale, noi della lista civica Bene Comune intendiamo favorire ogni occasione per la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte per il futuro della nostra città.
Per una sana presa di coscienza dell’uso corretto del ruolo dei partiti, riportiamo integralmente questa riflessione, quanto mai precisa e profetica.
“I partiti, secondo la carta costituzionale, dovrebbero essere i cosiddetti “corpi intermedi” la cui funzione è paragonabile a quella che il fusto svolge nella pianta.
Il nostro modello di stato sociale, infatti, assomiglia proprio ad un albero le cui radici sono costituite dal popolo e i cui rami sono dati dalle pubbliche istituzioni.
Il compito del fusto, cioè dei partiti, è quello di raccogliere e coordinare le istanze vive della base per tradurle in domanda politica organica che vada a innervarsi sui rami.
I cittadini, quindi, sia singolarmente presi, sia associati in raggruppamenti primari detti “mondi vitali”, sono le radici del sistema in quanto detengono la sovranità e delegano il potere ai loro rappresentanti affinché lo esercitino nell’interesse del bene comune. I partiti, invece, hanno il compito di incanalare le spinte sociali diverse organizzando il consenso popolare attorno aduna determinata politica.
La politica, perciò, secondo una splendida espressione dei vescovi francesi, può essere definita “coagulante sociale”, in quanto costringe forze diverse intorno a un medesimo progetto. E’ successo però, purtroppo, che il fusto è impazzito a danno delle radici e dei rami. I partiti, cioè, si sono ubriacati.
Verso il basso, hanno espropriato i cittadini ed i “mondi vitali” di alcune loro mansioni primarie, assorbendo per esempio l’informazione, l’editoria, la cultura, lo spettacolo, e spesso condizionando la vita di gruppi e associazioni.
Verso l’alto, hanno invaso quasi tutte le istituzioni dello stato, non solo lottizzando gli enti pubblici esclusivamente secondo criteri di appartenenza politica, ma anche mitizzando la disciplina di partito (se non addirittura di corrente) a scapito della coscienza individuale e snervando perfino la sovranità del Parlamento, sempre più ridotto a cassa di risonanza per accordi presi al di fuori di esso. Non è più lo stato sociale, ma lo stato dei partiti.
Le conseguenze di questo corto circuito sono drammatiche. Da una parte i problemi ristagnano, i progetti parcheggiano, gli intoppi burocratici si infittiscono, e perfino certe provvidenze di legge si incagliano sui fondali della sclerosi amministrativa, si usurano negli intrighi delle clientele, e naufragano nel gioco delle correnti.
Dall’altra parte cala la fiducia nella politica, visto che è stata ridotta dalla partitocrazia non a “coagulante” ma a “dissolvente” sociale. L’opinione pubblica accentua sempre più la tendenza ad angelicare la società e a demonizzare lo stato.
I giovani, pur sentendo una vivissima vocazione alla solidarietà, preferiscono riversare il loro impegno nel volontariato: questo sta a dire che rifiutano ormai le semplici proposte di gestione e cercano altrove i laboratori per la rigenerazione dell’humus etico della politica.
Si tirano indietro gli adulti, disgustati dallo spettacolo dei partiti che, abusando di reciproche interdizioni per osceni motivi di ingordigia nella spartizione delle pubbliche spoglie, producono, anche nelle nostre amministrazioni locali, paurosi ristagni e incredibili paralisi di governo.
E’ urgente che i partiti, i quali restano pur sempre strumento essenziale della nostra democrazia rappresentativa, si disintossichino dall’ubriacatura. Si ravvedano dal loro delirio di onnipotenze. Riacquistino la sobrietà. “Concorrano”, cioè, come dice l’art. 49 della Costituzione “a determinare la politica nazionale”, ma senza la pretesa di monopolizzarla definitivamente.
E tornino al loro compito fondamentale, che è quello di ascoltare la gente, educare i comportamenti, mediare gli interessi, e non certo di trasformarsi in forche caudine, da cui, anche per il più semplice sospiro, bisogna necessariamente passare, attraverso sistemi di tessere, clientele e patronati correntizi”.
Don Tonino Bello, Vescovo
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