Il libro verde del Ministro Sacconi

sacconi.jpgAlcuni giorni fa, il Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, ha presentato il libro verde sul welfare dal titolo “LA VITA BUONA NELLA SOCIETA’ ATTIVA”, con lo scopo di aprire un dibattito pubblico sui temi del modello sociale.
Fra tre mesi i risultati di questo dibattito, insieme a quanto contenuto in questo Libro Verde, costituiranno le basi sulle quali il Governo avvierà azioni legislative su Lavoro, Salute e Politiche Sociali.

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All’interno di queste 24 pagine ho trovate diverse cose buone e condivisibili, così come ne ho trovate altre meno buone o potenzialmente pericolose, ma è interessante che vi siano 26 domande aperte che, pur anticipando in alcuni casi le risposte, pongono le questioni più importanti e fondamentali per la ricostruzione del nostro futuro welfare. E’ comunque un percorso stimolante su cui sarebbe bello aprire un dibattito.

Le frasi che io personalmente ho trovato di buon auspicio sono:
“La sfida a cui siamo chiamati non è solamente economica ma, prima di tutto, progettuale e culturale. Vogliamo riproporre la centralità della persona, in se e nelle sue proiezioni relazionali a partire dalla famiglia. Pensiamo ad un welfare delle opportunità che si rivolge alla persona nella sua integralità, capace di rafforzarne la continua autosufficienza perché interviene con anticipo con una offerta personalizzata e differenziata. Un welfare così definito si realizza non solo attraverso le funzioni pubbliche ma soprattutto riconoscendo, in sussidiarietà, il valore della famiglia, di tutti i corpi intermedi e delle funzioni professionali che concorrono a fare comunità. Esso potrà offrire migliori prospettive soprattutto a giovani e donne, oggi penalizzati da una societyà bloccata e incapace di valorizzare tutto il proprio capitale umano.” (Pag. 3)
E ancora:
“La spesa socio-assistenziale è per lo più amministrata dagli enti locali. Nell’ambito di uno stesso territorio le politiche variano da comune a comune. Raramente esse sono integrate con le politiche sanitarie e socio-sanitarie. Ne derivano azioni disordinate dei soggetti istituzionali e insufficienti sinergie con gli attori sociali, a partire dal volontariato” (Pag. 7)
“Infine, è mancata una specifica politica per la povertà assoluta, nemmeno individuata perché nascosta dalla mancanza di rappresentanza e da un più vasto – ma diverso – fenomeno di impoverimento relativo” (Pag. 9)
“Una società orientata al futuro è solida e responsabile nella misura in cui dà prospettive, punti di riferimento e certezze in primo luogo alle generazioni più giovani, a quelli che saranno adulti domani. Per questo motivo vanno favorite le politiche di ingresso immediato de giovani nel mondo del lavoro, come prima pietra della costruzione delle proprie scelte di vita” (Pag. 10)
Vengono poi prese i considerazione le urgenze circa i servizi di cura per l’infanzia, la piena applicazione del principio di sussidiarietà, la valorizzazione di tutti i “luoghi relazionali” quali le parrocchie, le farmacie, i medici di famiglia, ecc., la necessità di procedere più decisamente nell’integrazione socio-sanitaria, specie nelle politiche per le persone anziane.
Inoltre si prevede che “nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale si impone una specifica esigenza di separazione tra la funzione di indirizzo politico e quella di gestione delle Aziende Sanitarie, grazie a criteri più trasparenti di selezione di Direttori Generali e Direttori di unità operative “ (Pag. 23).

Le cose che ho trovato più problematiche e potenzialmente pericolose, sono l’auspicato intervento del privato in diverse fasi del futuro welfare. Ne è la riprova, fra le tante, l’affermazione che “E’ finito il tempo della contrapposizione, tutta ideologica tra Stato e mercato ovvero tra pubblico e privato” (Pag. 16)
Altri esempi: “Lo sviluppo del pilastro privato complementare è un passaggio essenziale per la riqualificazione della spesa e la modernizzazione del nostro welfare” (Pag. 20)
“Occorre dare maggiore sviluppo ai fondi sanitari integrativi del servizio pubblico al fine di orientare e convogliare la spesa privata verso una modalità di raccolta dei finanziamenti” (Pag. 21)
“La evidente esigenza di investimenti pluriennali per l’ammodernamento e la riconversione della rete ospedaliera si potrebbe soddisfare diffondendo le nuove forme di finanziamento come il project financing, il leasing immobiliare, le società miste” (Pag. 22)
Così come sarebbe discutibile quella che viene definita “una robusta semplificazione e de-regolazione delle regole di gestione dei rapporti di lavoro” finalizzata a creare maggiori posti di lavoro
Le mie perplessità non derivano dal concetto che la presenza del privato sia in certi settori, a priori, sempre sbagliata, ma perché in presenza di un Governo “liberista”, particolarmente sensibile all’influenza di certe “lobby” economiche e finanziarie, le possibilità di chiare regolamentazioni e di un autorevole controllo sulle loro attività, le vedo particolarmente difficili.
Comunque, immagino che nei prossimi anni, volenti o nolenti, dovremmo farci i conti, per cui tanto vale cominciare ad immaginare quale sia il giusto ruolo del privato in queste tre aree del futuro welfare italiano: lavoro, salute e politiche sociali.

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Commenti

2 risposte a “Il libro verde del Ministro Sacconi”

  1. Avatar Giovanni Santarelli
    Giovanni Santarelli

    Caro Gabriele e amici tutti
    Intervengo anch’io sul “Libro verde” dovendomene occupare anche per motivi di lavoro.
    Al di là delle affermazioni di principio volevo evidenziare la sostanza del discorso e le prospettive future a cui prepararsi e che avranno ovviamente ricadute anche per la nostra città e ambito sociale.
    1. Una prima questione riguarda il finanziamento delle politiche sociali: Questo governo tende ad una politica di riduzione delle tasse che, accanto al tema dell’evasione fiscale che viene sostanzialmente tollerata, comporterà una forte diminuzione di disponibilità finanziarie da trasferire ai diversi livelli istituzionali competenti per dovere costituzionale (Regioni e comuni). Non a caso già quest’anno si parla di riduzione di 1/3 del fondo unico sociale (da 956 milioni di euro a 600 milioni di euro) e si teme per il fondo nazionale per la non autosufficienza per il quale è stato garantito solo il triennio 2007-2009 e non oltre.
    2. Una seconda questione riguarda il ruolo dei diversi livelli istituzionali: La conseguenza di cui al punto 1. è che le regioni e i comuni non potranno svolgere il loro compito di programmazione sociale sul territorio in assenza di trasferimenti per cui il sociale sarà gestito, per quel poco, direttamente dal centro in termini di trasferimenti monetari per i diritti esigibili (assegni accompagnamento etc.). Il rapporto sarà diretto tra governo centrale e singolo cittadino
    3. Una terza questione riguarda il federalismo fiscale: in contrasto con quanto sta avvenendo si parla di federalismo fiscale che dovrebbe dare il massimo delle competenze alle Regioni. Qui non si sa bene innanzitutto che tipo di “fondi perequativi” saranno previsti per non rischiare differenze regionali ingiustificabili e poi non si sa bene come verranno gestiti a livello regionale sistemi di prelievo fiscale che necessitano di una notevole organizzazione che le regioni per gran parte non hanno. Potrebbe addirittura verificarsi una differenziazione tra regioni e una maggiore dipendenza di quelle più deboli dal governo centrale.
    4. Una quarta questione riguarda il tema della privatizzazione e del mercato integrativo sociale: il ministro Sacconi ha più volte ribadito che occorre ripensare il rapporto tra pubblico e privato specie per sostenere le difficoltà del sistema sanitario. Il modo per superare il costo sanitario ancora a carico dei cittadini (cosa vera) si rilanciano le assicurazioni private. Si pala di “forme di protezione sanitaria integrativa che aggiungono e no sostituiscono prestazioni a quelle erogate dal Ssn”. Penso – duce il ministro – alle mutue per i lavoratori autonomi o per i liberi professionisti”. Si parla quindi di “costruire un modello sociale che ampli le prestazioni e non sia tutto a carico del bilancio pubblico”. Un tema delicato che dovremo seguire con attenzione. Il governo sta realizzando in questi giorni il “Piano nazionale di inclusione sociale” da presentare alla U.E.; le Regioni sono state coinvolte; ci sarà un incontro a Roma i primi di settembre; lì avrò occasione di vedere come si sviluppano le cose anche se il discorso sembra abbastanza chiaro.
    Come vedete sono questioni importanti che però sembrano NON interessare a nessuno salvo a chi ci si trova in mezzo.
    Spero che su questi temi si possa costruire una opposizione forte e intelligente a questo governo nazionale e locale.

    Saluti
    NINO

  2. Avatar maurizio tomassini
    maurizio tomassini

    Caro Gabriele,
    ho letto anch’io le 24 pagine del Libro Verde e condivido pienamente tutte le tue osservazioni.
    Ma il nostro Paese è molto “curioso”, nel 2000 dopo anni di elaborazioni e proposte è stata varata la prima riforma del welfare con l’approvazione della legge 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” una legge che è rimasta la grande incompiuta.E’ vero poi che con l’approvazione del Titolo V della Costituzione le competenze sul Sociale sono state date in maniera esclusiva alle Regioni; l’Italia è un paese che dipende in quale Regione vivi e in quale comune hai la residenza per aveve più o meno servizi alla persona.
    Nella Provincia Autonoma di Bolzano, per fare un esempio se hai un anziano non autosufficinete e lo tieni in casa ti concedono fino a un massimo di 1800 euro al mese!!!
    Ma se abiti nelle Marche non ti danno niente!!!
    I Livelli essenziali previsti dalla 328/00 per garantire delle prestazioni esigibili a prescindere da dove si vive sono rimasti una mera intenzione, come non sono state disciplinate le professioni sociali.
    La non autosufficineza degli anziani è sostenuta con il welfare fai da te delle famiglie con 400 mila badanti clandestine.
    Il Fondo per la non autosufficineza attivato dal Governo Prodi non si sa che fine farà.
    Non parliamo delle povertà, l’Italia assieme ai soli tre paesi del mediterraneo è lunico a non avere interventi strutturati di lotta alla povertà, il reddito minimo d’inserimento previsto dalla 328/00 è rimasto al palo e per far fronte a una situzaione emergenziale si attiva la card alimentare per gli anziani poveri.
    Concludendo è positivo che si apri un confronto serio sulla “VITA BUONA NELLA SOCIETA’ATTIVA” ma per favore per cominciare non tagliate i fondi al Fondo nazionale per le Politiche Sociali è il minimo che chiediamo a questo nuovo governo.

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