“Uno dei migliori ingegni non emigrati delle Marche” così Guido Piovene introduceva la figura di Fabio Tombari quando il suo “Viaggio in Italia” toccò la nostra città. Ci sembra che tutto il dibattito sulle linee programmatiche della politica culturale fanese si sia eccessivamente schiacciato sulla questione “Vitruvio sì-Vitruvio no”. Ma uscendo dagli angusti confini della diatriba, si possono trarre alcuni spunti interessanti. Innanzitutto l’esigenza di coltivare un rapporto tra Fano e il proprio passato. Che resta oggi del ricordo di scrittori come Tombari, Anselmi o Giulio Grimaldi, di compositori come Mezio Agostini e Nini, di attori come Cesare Rossi e Ruggeri? Quanti fanesi ne hanno conoscenza? Quale ruolo hanno nelle politiche del turismo? Un’amministrazione illuminata dovrebbe dare risposte chiare a queste domande: non necessariamente con un’azione in prima persona, ma almeno con una promozione attiva delle attività del terzo settore. La stessa “Casa della Poesia” ha un senso se inserita in quest’ottica: non se permette di incontrare un artista mentre si va a fare la spesa o in spiaggia, ma se consente alla città di intrecciare un legame con un artista che si conserva nel tempo. Ma questo non lo può fare una città che non ha memoria, che perde per strada il proprio passato o che crede di conservarlo con una targa e un convegno decennale. Nessuna “partigianeria” o “orgoglio fanese” dunque (cosa che non è tra le nostre corde).
Ma l’invito a valorizzare quanto di “bello” si ha nella nostra cultura (e qui rientra anche – for sale Vitruvio). Ci pare che proprio la “bellezza” voglia essere il filo conduttore delle politiche culturali dell’amministrazione. Non entriamo nel merito dei temi, le risse culturali sulle peculiarità tematiche lasciano il tempo che trovano. La sensibilità culturale più che dai temi dipende da quanto un’amministrazione decide di investirci (e la nostra ha già pensato che le briciole, per gran parte gestite dalla Fondazione Teatro, sono sufficienti). Se dunque l’assessorato alla cultura ha individuato nella “bellezza” il tema da proporre (o meglio riproporre) alla nostra città che la bellezza sia! Ciò che ci lascia perplessi è semmai l’approccio estemporaneo. Se l’assessorato alla cultura ritiene “la bellezza” il fulcro della propria politica culturale, la “bellezza” non può essere rinchiusa dentro qualche convegno, (di cui tra l’altro ci sono ignoti le modalità, l’ottica progettuale e il coinvolgimento delle scuole). Si può fare della “bellezza” un’occasione di riscoperta del proprio passato (“bisogna educare i bambini mediante il bello perché l’umanità non diventi criminale o idiota” affermava Tombari). Oppure il sostrato della stessa Fano dei Cesari, traendo dal tema della “bellezza” il pretesto per “raffinarla”, allestendo una proposta culturale da affiancare a quella “scenografica”. Apprezziamo l’idea del teatro plautino, chissà poi se gli sarà davvero concesso di avere vita. Ma perché non puntare ancora più alto, perché non includerlo in un’iniziativa completa e innovativa di promozione del territorio e divulgazione culturale, magari accostandolo ad una rassegna filosofica o poetica o addirittura inserendolo in un festival della cultura latina?
I giovani di bene Comune –
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3 risposte a “Quale cultura per la nostra città?”
Rilancio una mia vecchia idea, fatta dopo il convegno di 5 anni, di creare qualcosa su Soncino, non perché presente con il suo carattere Griffo sul logotipo di Bene Comune, ci mancherebbe, ma in quanto tra i padri della tipografia in Italia. Ma ci pensate che qualcuno dice che ha Fano è nato il “corsivo” proprio 500 anni fa? Forse non è vero ma mi sembra comunque una bella provocazione culturale che può coinvolgere anche i giovani che tutto il giorno lo usano (il corsivo) col proprio PC…
Valter
un po’ grafico
L’intervento dei giovani di Bene Comune pone in sintesi due questioni. La prima: “La Bellezza salverà il mondo” ha una sua progettualità con obiettivi, contenuti, metodi, ecc., che è completamente ignorata, per cui i contenuti, decisamente importanti, per i giovani di Bene Comune diventano indifferenti, e possono scrivere:”Non entriamo nel merito dei temi, le risse culturali sulle peculiarità tematiche lasciano il tempo che trovano”, sic! poi, si contraddicono perché propongono i loro temi: Tombari, Anselmi, Grimaldi, ecc.. Ma come già detto in risposta al Vicepresidente della Provincia, non è possibile sostituire Dostoevskij e L’idiota prima con Vitruvio ed ora con Tombari e Frusaglia. Il mio autore preferito, ad esempio, è Pavese, ma né La luna e i falò, né La casa in collina potrebbero suscitare le problematiche, le emozioni, le riflessioni adeguate a raggiungere gli obiettivi prefissati. E non intendiamo studiare Dostoevskij, neanche se leggessimo i suoi tre capolavori. Ciò che interessa è altro ma senza snaturare l’autore e senza farne un pretesto. Interessa emozionarsi, riflettere, interrogarsi, discutere, condividere. Interessa approfondire, che vuol dire vivere intensamente, dilatare la coscienza, sentire la bellezza. La seconda questione riguarda la proposta di “fare della bellezza un’occasione di riscoperta del proprio passato”: certo! Nell’esperienza estetica si rivisita anche la propria vita, la si vede sotto un’altra luce. E’ più difficile, invece, riscoprire il proprio passato rimanendo legati al proprio vissuto, perché è circoscritto, chiuso nel compiacimento dell’essere stato. Questa esperienza può essere tutt’al più allargata al gruppo degli amici d’infanzia, di lavoro, dei nati in uno stesso luogo. Ma quanti, oggi, hanno cambiato residenza e lavoro?! Quanti potrebbero non condividere il piacere di leggere gli autori locali?! E non perché a volte non siano validi, ma perché li si legge con il vizio di riconoscersi nello stesso luogo! Come se fosse un valore essere nati e cresciuti nello stesso paese!?I veri valori che uniscono sotto ogni cielo sono quelli del lavoro, dell’amore, della sofferenza; è nella coscienza di essere tutti uomini che soffrono che si può accogliere l’intera umanità. Questo è il grande Dostoevskij, per questo sentiamo vicini Raskolnikov e Rogozin, Myskin e Nastasja. L’esperienza della bellezza, che amplia la coscienza, la capacità di comprensione e di accoglienza, ci fa sentire fratello chi ha ucciso la vecchia e la sorella di lei a colpi d’accetta. E’ un truce assassinio si sa, ma fa fremere, soffrire e sperare con Raskolnikov. La grande arte fa questo e non può essere altrimenti: accresce la nostra umanità. Importano le origini? Raskolnikov è un giovane studente, povero, intelligente, gli manca il padre, non ha senso del limite. Sconterà con i morsi della coscienza e alla fine, nell’aria fredda di una mattina di Siberia, sull’immagine sterminata della steppa, si annuncerà la possibilità non già della redenzione ma almeno della rinascita.?Di Myskin e Rogozin e Nastasja si leggerà tutti i lunedì di novembre fino a sabato 28; ne discuteremo insieme nell’ultimo incontro. Mi chiedo se è più bello avere un fratello in più o il conforto della riscoperta del passato. Nella prima c’è azzardo, apertura, gioia e sofferenza (e quanta bellezza!), nella seconda la chiusura rassicurante. La lettura de L’idiota dà la sua risposta. In conclusione, l’articolo è così preoccupato del legame con il proprio passato (a Fano, poi, per fortuna, è solido; forse, al contrario, è proprio il futuro ad essere latitante) che è difficile pensare che siano giovani gli estensori di quelle righe, e dispiace per questo arresto inspiegabile di Bene Comune che vantava un’apertura culturale e un ecumenismo non discutibili.
Franco Mancinelli, Assessore alla Cultura del Comune di Fano.
Ho paura che per questa amministrazione, la parola “bellezza” si riferisca più ai concorsi di bellezza (le varie Miss Fano, Miss Carnevale…) si sono fatti più concorsi di bellezza che mostre… e giù sponsor, pubblicità, trasmissioni TV… portare finalmente qualità e tradizione non sarebbe male. E’ veramente triste vedere come al cambiare delle amministrazioni si tenti da un lato di strumentalizzare e orientare politicamente le scelte in base al colore politico (Dario Fo, Battiato) o di trasformare tutto in un mercato… la proposta di guardare a Fabio Tombari, Anselmi o Giulio Grimaldi, di compositori come Mezio Agostini e Nini, di attori come Cesare Rossi e Ruggeri è ottima! Se è vero che tutto è cultura, non è vero che tutto è “buona” cultura (cioè di qualità consolidata…), siamo in un epoca in cui il recupero di “buon senso” non guasterebbe e autori locali classici sono da riscoprire per gustarci le atmosfere “vere” e non virtuali che magari non abbiamo mai avuto modo di conoscere… sarebbe forse la migliore innovazione.