Ho sperato che nessuno presentasse una mozione sul crocifisso, perché si rischia di irrigidire le posizioni facendo emergere il peggio dell’una e dell’altra parte, integralismo da una parte e laicismo dall’altra.
In questa vicenda del crocifisso ci sono molti paradossi.
È paradossale che coloro che vogliono difendere il crocifisso per farlo lo riducono a simbolo di tradizione, come gli spaghetti e il mandolino. Quello che vogliono che resti appeso è un pezzo di legno innocuo, un simbolo di italianità: ridurlo a simbolo nazionale, a tradizione, è questa la vera offesa al Crocifisso (con la C maiuscola: una persona, non un oggetto appeso a un chiodo), offesa ben più grave che rimuoverne l'immagine da un muro.
È paradossale che voglia difendere il crocifisso soprattutto quella parte politica che non esita oggi a fare Leggi, come la Bossi-Fini, o ordinanze contro i barboni, come qui a Fano, schiaffeggiando di fatto i crocifissi di oggi, i barboni, i Rom, gli immigrati, gli schiavi.
Ma è anche paradossale che coloro che vogliono togliere il crocifisso dimentichino che è stata la teologia cristiana a formulare la nozione di persona umana come viene oggi intesa laicamente, quando parliamo, per esempio, dei diritti inalienabili, della dignità assoluta o del valore inviolabile della persona umana. Dire quindi che la Croce violerebbe un qualche diritto umano è semplicemente un controsenso, dal punto di vista storico e filosofico, anche se la storia del cristianesimo trabocca del sangue versato proprio violando il significato ultimo di liberazione totale dell’uomo, insito nella Croce.
Ha scritto Marco Travaglio il 5 novembre scorso: “Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch’io. Fa tristezza Bersani che parla di “simbolo inoffensivo”, come dire: è una statuetta che non fa male a nessuno, lasciatela lì appesa, guardate altrove. Fa ribrezzo Berlusconi, il massone puttaniere che ieri pontificava di “radici cattoliche”. Fanno schifo i leghisti che a giorni alterni impugnano la spada delle Crociate e poi si dedicano ai riti pagani del Dio Po e ai matrimoni celtici con inni a Odino. Se dobbiamo difendere il crocifisso come “arredo”, tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una “tradizione” (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta “civiltà ebraico-cristiana” (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e degli altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno “scandalo” sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L’immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità. Eppure basta prendere a prestito il lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente… Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola”.
In ambito civile, credo che lo Stato possa imporre la presenza nei locali pubblici dei simboli dell'identità nazionale italiana, la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del Presidente della Repubblica che “rappresenta – come la Costituzione stabilisce – l'unità nazionale”; ma non può imporre la presenza di un simbolo religioso senza contraddire la sua laicità. Può accettarne la presenza quando essa esprima un sentimento condiviso o quanto meno rispettato anche dal non credente. Vige però in questo caso la regola dell'unanimità: se qualcuno si oppone, lo si toglie.
In ambito religioso, per chi crede che il Gesù appeso al crocifisso sia il figlio di Dio non può essere accettato che esso sia usato come bandiera nazionale di un singolo paese, o semplicemente utilizzato come simbolo culturale, storico o di identità. I cristiani per primi dovrebbero volere che sia abolito l'obbligo di esporre il crocifisso nelle aule: non perché offende, ma perché se imposto rischia di scadere da simbolo di fratellanza e di amore universale a segno di divisioni e di discordie. La trasmissione del Vangelo non avviene per imposizione e il rispetto dell'altro appartiene, prima che alla Costituzione, al Vangelo stesso. I cristiani sanno che il pluralismo religioso dell'Europa di oggi e di domani non è una provvisoria sfortuna da cui pregare di essere liberati, ma la condizione concreta entro cui dar ragione della propria speranza. Sanno, insomma, che alla spada sguainata da Pietro, Gesù preferì il cammino verso la Croce. Voler di nuovo rendere obbligatorio ciò che è il segno radicale della gratuità, delle braccia spalancate verso tutti, sarebbe profondamente anti-evangelico. La Croce non va dunque imposta sul muro delle classi e degli edifici pubblici, e si può anche togliere senza tragedie laddove c'è. In ogni caso, rimane simbolo eterno di libertà fraterna, così eloquente da accogliere il bisogno di misericordia di chiunque.
Ma neppure dovrebbe essere proibito appendere il crocifisso. Come non dovrebbe essere proibito alcun altro simbolo religioso, insieme ai molti simboli di ogni genere, etnici, artistici, sportivi, politici, che i ragazzi appendono nelle aule, con buon diritto.
«Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge», dice l’art. 8 della Costituzione, quindi anche a scuola.
I crocifissi che la scuola dovrebbe tenere sempre ben evidenti davanti agli occhi dei ragazzi sono i crocifissi in carne ed ossa della storia, le vittime delle guerre, delle malattie, delle sventure. Se una scuola li esclude dalla visione del mondo proposta ai ragazzi, si pone dalla parte dei crocifissori, fosse anche la scuola più “cattolica” e più decorata di segni religiosi. Visitare un ospedale e osservare i malati, leggere sulle riviste di solidarietà coi popoli derubati i numeri della violenza economica, informarsi sulle guerre da chi non spaccia le falsità necessarie alle guerre: questo è venerare il Crocifisso nella carne di tutti i crocifissi di oggi. Quelli di legno si possono anche buttarli: non è peccato. Ma mettere al loro posto il volto di una vittima, ricevere lo sguardo che obbliga a stare coi carcerati e non coi carcerieri, coi torturati e non con gli aguzzini, con gli uccisi e non con gli assassini. O il vecchio crocifisso aiuta a fare questa scelta nel mondo di oggi, oppure, se non fa questo, non vale più, è diventato inutile, abusato in senso contrario, e serve solo a far litigare le religioni e a far chiacchierare i fracassoni superficiali, occupatissimi a distrarre il popolo dalle cose importanti, pericolose da far sapere.
Don Lorenzo Milani arrivò a togliere il crocifisso, a metterlo sull'armadio di un'altra stanza. (…) Tolse il crocifisso perché non doveva esserci neppure un simbolo che facesse pensare che quella era una scuola confessionale. Lì c'erano solo uomini che studiavano e discutevano per la propria elevazione civile e morale”.
Il crocifisso rischiava di essere discriminatorio.
“Chi mi ha conosciuto – scrive Don Lorenzo Milani – (…) se mi vede eliminare un crocifisso non mi darà mai di eretico ma si porrà piuttosto la domanda affettuosa del come questo atto debba essere cattolicissimamente interpretato cattolico, dato che da un cattolico è posto” (Lettere di Don Lorenzo Milani).
Il Crocifisso non può essere ridotto a tradizione, a simbolo: San Paolo, nella prima lettera ai Corinti, aveva ben intuito il valore del crocifisso quando scrisse: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1 Cor 1,23).
Questa mozione rischia di dividerci inutilmente: per questo motivo uscirò dall’aula e non parteciperò al voto, ma auspico anche che al termine del dibattito, pur utile e positivo, la mozione venga ritirata, per evitare inutili e strumentali lacerazioni.
Luciano Benini
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Commenti
11 risposte a “Il paradosso del crocifisso”
A me purtroppo i leghisti ricordano invece la folla venuta con spade e bastoni…
Caro Luciano … Comunque Pietro poi San Pietro un tipo semplice e rozzo (come i leghisti?) ha mozzato l’orecchio al legionario o no?… Cristo ha risposto con una frase ovvia chi usa la spada può morire di spada … lo poteva condannare alla Geenna … poteva essere molto più esplicito nel giudicare la sua azione violenta … invece no! Per vostro dispiacere lo ha proclamato Capo della Chiesa!!! Poi in quella occasione si dovevano compiere “i tempi” quindi non poteva fermare l’evento dell’immolazione.
Caro Zaffo, ma non ti ricordi cosa ha detto Gesù a Pietro subito dopo che questi mozzò l’orecchio del servo del sommo sacerdote? Te lo ricordo io:
Allora Gesù gli disse: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?”.
Come vedi le cose stanno molto diversamente, e la nonviolenza cui anche Bene Comune si ispira ha in questo brano uno dei riferimenti più forti.
Gentile Roberto Zaffini,
ho sinceramente molta paura delle sue parole. Non so se sia una strumentalizzazione voluta del vangelo o il suo pensiero autentico. In entrambi i casi mi rafforza nell’idea che la Croce va sì difesa, ma da chi ne vuole
stravolgere il suo significato di amore e di salvezza universale per trasformarlo in uno strumento di odio. Se le serve un condottiero la storia ne ha prodotti tanti: vede può tranquillamente fare del De bello gallico la sua Bibbia. Oppure può ispirarsi senza problemi alle gesta di Alessandro Magno ,di Attila (anche se le sue origini caucasiche non giocano a suo favore) o di Napoleone. Oppure a quelle di Shakespeare (Joseph, non William!) indimenticabile sindaco di New Orleans e dell’avvocato Parkerson che guidò le sue truppe Wasp a fare una mattanza di clandestini italiani (e sciolse il suo glorioso esercito con queste parole: “Vi ho chiamato per compiere tutti insieme un dovere, e questo dovere è stato compiuto. Ora tornate a casa e Dio vi benedica”) Ma perché trasformare ancora quel simbolo universale di mitezza, di amore verso ogni uomo in un feroce condottiero? Questo no. Piuttosto sia tolta all’istante la croce da ogni muro se deve rimanere a significare quello che lei ha scritto!
Sinceramente non capisco perché stravolgere il messaggio evangelico. Poteva tranquillamente dire: “A me il messaggio di Cristo non piace: non mi piace il suo amore universale per ogni persona, non mi piace uno che frequentava prostitute, pubblicani e peccatori, non mi piace uno che si è lasciato crocifiggere quando aveva a disposizione più di dodici legioni di angeli (Mt 26,53)”. E’ un suo sacrosanto diritto. Ma se in qualche modo lo affascina (come voglio illudermi che sia nella sua attenzione ad anziani, famiglie e malati), ne deve anche rispettare l’annuncio. “Ero forestiero e mi avete ospitato” non può ometterlo in nome della razza italica! Ne si può fare di Pietro, il generale che non è mai stato. La risposta di Gesù è lapidaria: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono in mano la spada di spada morranno” (Mt 26,52). Poi “toccandogli l’orecchio, lo guarì” (Lc 22,51).
Le porgo infine i miei saluti con le parole di un noto sessantottino: “Io vi accoglierò e sarò per voi come un padre e voi mi sarete come figli e figlie” (2 Cor 6,17-18). Se di questo siamo consapevoli, come non farci carico di quanti, in particolare fra rifugiati e profughi, si trovano in condizioni difficili e disagiate? Come non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società? A loro va data prioritaria attenzione poiché, parafrasando un
noto testo paolino, “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1 Cor 1,27-29). (dal messaggio di Benedetto XVI per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato)
Ettore non dire il falso … non ho assolutamente detto quello che mi attribuisci a proposito dei matrimoni e sporcare la razza … dai perchè amplifichi così le cose le cose? Non condividiamo la gestione dell’immigrazione ma non dire bestialità!
Sono ateo, ma penso che il messaggio di Gesù, personaggio storico, abbia una portata rivoluzionaria, sia per quei tempi, che per oggi.
Mentre tutti i leghisti che portano indegnamente appeso al collo quell’uomo, crocefisso, non fanno niente per mettere in pratica il suo messaggio: lui parlava di fratellanza, che siamo tutti uguali davanti al Signore, loro hanno canobnizzato l’odio razziale, e le impronte ai bambini ROM, e il respingimento dei migranti sui barconi nel canale di Sicilia; mi diceva Roberto Zaffini, qualche sera fa, che gli extracomunitari andrebbero, anzi vanno, rimandati tutti a casa, perché con i matrimoni promiscui stanno sporcando la “nostra” razza! Io penso che loro stanno crocifiggendo Gesù ogni giorno, di nuovo!
“Non si fà carità senza verità, per essere soccorsi bisogna dimostrare umiltà e la buona volontà di cambiare e convertirsi.”
Mi può dire Sig. Zaffini dove ha letto questa immensa stupidaggine? Anche questa l’ha detta Gesù? A me non risulta :-)
Io sapevo questo, ma forse mi sbaglio io:
“Nel dono autentico non si riesce mai a tracciare un confine certo e invalicabile tra chi dà e chi riceve: non perché vi sia il calcolo di chi pesa il contraccambio, ma perché, come dice Gesù, “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20,35). Chi dona, infatti, gode a sua volta della gioia che suscita in chi riceve. D’altronde, il fondamento dell’amore è la rinuncia alla reciprocità e alla sicurezza che ne deriva: occorre indirizzare l’amore verso l’altro senza essere sicuri che l’altro ricambierà.”
http://www.monasterodibose.it/index.php/content/view/3338/114/lang,it/
E allora per noi della Lega Nord i crocifissi di oggi sono molti nostri pensionati, le tante coppie divorziate e i loro figli, le tante famiglie con disabili o malati cronici che nel silenzio e con dignità portano avanti situazioni di vita spesso drammatiche sia dal punto di vista economico che psicologico.
Non condividiamo ovviamente l’obiezione di coscienza sul crocifisso optato dai cattolici di Bene Comune perchè noi ne siamo fieri difensori perchè siamo come San Pietro che quando arrivarono i gendarmi a prendere Gesù sguainò la spada e mozzò un orecchio ad uno di essi. E non un caso che Gesù scelse propio San Pietro come fondatore della Chiesa.
“Va la tua fede ti ha salvato” era la frase che pronunciava Cristo dopo aver soccorso i bisognosi, quella fede che raramente vediamo nei soggetti paragonati da Benini ai crocifissi di oggi, infatti i Rom sono molto fedeli al furto, i barboni sono fedeli nell’ insozzare qualsiasi posto occupino incuranti di chi intorno vive e lavora, e gli extracomunitari islamici, quelli si che hanno fede, ma la loro e ci odiano profondamente! Non si fà carità senza verità, per essere soccorsi bisogna dimostrare umiltà e la buona volontà di cambiare e convertirsi.
Ma la conversione per Benini e compagni del ’68 è Tabù … eppure non di solo pane …
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Ancora una volta.. bravo Luciano …!
Le tue riflessioni sempre limpide e coerenti danno una mano a quanti lavorano per unire…anche se la strada è lunga, impervia e a volte disseminata di ostacoli proprio dove la penseresti libera e piana….
Stai lavorando bene…Buon Lavoro!
Luciano ha fatto bene a lasciare l’aula di fronte alla polemica sul Crcifisso. Condivido in pieno tutte le motivazioni che Luciano ha portato,sempre così profonde e ben puntualizzate.Luciano non ha mai paura di mostrare la sua autenticità che trae origine dalla radicalità evangelica. Luciano sei un maestro!