Sono d’accordo con il Consigliere Regionale Giancarlo D’Anna e con tutti coloro che sono contrari all’ipotizzato nuovo ospedale unico Pesaro-Fano. Il motivo per cui sono contrario non deriva certamente da un atteggiamento negativo verso le novità ed i progetti di sviluppo del nostro territorio, ma perché sono convinto che questa idea abbia ben poco a che fare con il miglioramento della sanità e sia soprattutto il sogno di alcun poteri politici, e non solo, di mettere le mani sul più grande affare immobiliare del nuovo secolo.
Si pensi infatti a quanto può essere l’ammontare dell’investimento per costruire una grande mega struttura edilizia quale un nuovo ospedale: sicuramente alcuni centinaia di milioni di euro in cui verrebbero coinvolti: proprietari di terreni dove dovrà essere ubicata la nuova struttura, imprese di costruzioni grandi e piccole, studi di progettazione, banche e finanziarie, e numerosi altri soggetti economici. Inoltre, particolare non secondario, le aree dove sorgono gli attuali ospedali di Pesaro e Fano sono praticamente a ridosso del centro storico e ne deriverebbe un grande piano di riconversione di tali spazi in edilizia privata, commerciale e direzionale. Sono gli spazi in assoluto più grandi esistenti all’interno delle due città ed il movimento di riconversione comporterebbe anch’esso un affare da molte decine di milioni di euro. Per questo motivo penso che le due operazioni messe insieme: la costruzione del nuovo ospedale e la riconversione dei siti in cui sono ubicati gli attuali ospedali, non possa non essere considerato il più grande affare edilizio-immobiliare del secolo che è appena iniziato.
L’obiettivo di costruire un nuovo ospedale che serva le due città di Pesaro-Fano, non è peraltro nuovo, ma nel corso di questi anni ha conquistato sempre più persone, anche in maniera un tantino sospetta. Già quattro/cinque anni fa sentii sostenere questa tesi dal consigliere regionale Vittoriano Solazzi e da un importante progettista fanese, l’ing. Fabio Tombari, attuale presidente della Fondazione Carifano, allora compagni di partito (in questo caso era ancora La Margherita). In quel periodo, e fino a poco tempo fa, l’Assessore alla sanità Mezzolani era invece molto più cauto e parlava solo dell’esigenza di razionalizzare le attività dei due ospedali con una gestione unitaria che facesse capo ad una unica Azienda Ospedaliera, che poi è l’obiettivo della legge Regionale approvata sul finire della scorsa legislatura e che istituisce l’azienda ospedaliera Marche Nord. Forse quella di Mezzolani era una prudente pre-tattica o forse anche lui ha cambiato idea, visto che nell’ultima campagna elettorale per le regionali dello scorso marzo, anche lui ha parlato dell’esigenza di puntare all’ospedale unico, e che la razionalizzazione delle attività attualmente in essere nei due ospedali è una necessaria fase propedeutica e di passaggio verso questo obiettivo. Ci sono inoltre diversi politici che negli ultimi anni hanno cambiato idea e che ripropongono sempre più insistentemente l’operazione. Fra questi desta una certa sorpresa l’esternazione di Mancinelli, Assessore al Comune di Fano all’interno di una maggioranza politica che in Regione si trova invece ad essere minoranza. La sorpresa deriva dal fatto che la forza politica in cui egli attualmente milita, fino a poco tempo fa era contraria a questa operazione, e quindi se anche le “opposizioni” vengono convertite a questo progetto, vien sempre da chiedersi se c’è un motivo veramente importante perché ciò sia avvenuto. Infine tra coloro che hanno cambiato idea c’è perfino il dirigente regionale della sanità Carmine Ruta, che proprio durante l’ultima campagna elettorale per le regionali ha presentato un’idea preliminare del progetto per la costruzione del nuovo ospedale unico. Egli, però, due/tre anni fa sosteneva esattamente il contrario: ricordo che ero presente ad una riunione dei segretari e coordinatori dei partiti e movimenti regionali in cui Ruta presentò le linee del nuovo Piano Sanitario in cui sosteneva la necessità di investire nelle reti tecnologiche per far viaggiare le informazioni, e quindi anche le diagnosi e le analisi mediche, e nella qualità del personale medico e che era superfluo, se non inutile, investire su nuovi complessi edilizi. La domanda che sorge spontanea è: come mai Ruta, che è un dirigente che deve la sua riconferma alla politica, ha cambiato idea? E’ veramente una esigenza dimostrabile di migliorare la sanità di questo territorio, quella che sta portando avanti la politica in maniera sempre più forte nel perseguire l’obiettivo di costruire questo ospedale Marche Nord, oppure no?
So che alla politica piace molto gestire queste operazioni complesse e faraoniche. Sia perché nella cultura media del politico di oggi c’è l’idea che solo costruendo qualcosa di nuovo e di tangibile come una grande struttura immobiliare (ospedali, scuole, centri direzionali, porti, aeroporti, centri commerciali, ecc.) egli possa lasciare un segno del suo operato, tralasciando il fatto che operare per migliorare la qualità della vita a tante persone deboli e indifese con progetti sociali e ambientali è infinitamente più importante; sia perché la gestione di grandi progetti che prevedono appalti di lavori per molti milioni di euro consente di guadagnarsi “favori” utili a ripagare le campagne elettorali che servono per assicurarsi la propria rielezioni in certi ruoli istituzionali.
So anche che per certi poteri economici queste sono le classiche operazioni dove riaffermano in maniera forte il loro legame con la politica, in maniera non sempre trasparente, ma soprattutto dove legittimano il loro obiettivo di “controllo” dello sviluppo di un territorio secondo i loro specifici interessi economici e finanziari, “taglieggiando” e sottomettendo le piccole e piccolissime imprese del territorio ai loro voleri. In queste operazioni, infatti i cosiddetti subappalti di parti del lavoro da effettuare sono molteplici, durano anni e possono determinare lo sviluppo di alcune imprese o viceversa determinare la chiusura o addirittura il fallimento di altre imprese. A supporto di ciò che affermo posso portare una esperienza personale che riguarda proprio la costruzione del mega-ospedale di Torrette di Ancona. Durante gli anni della sua costruzione, tra i tanti sub-appaltatori, c’era una cooperativa di costruzioni (ossia di muratori e di tecnici), che dopo aver “sofferto” enormemente per i ritardi di pagamento dell’impresa principale (che giocava una partita tutta finanziaria) è stata costretta al fallimento. I racconti di quei soci cooperatori per il perverso meccanismo che si celava dietro quei sistemi di sub-appalto, ancora mi indignano, e non mi risultano che siano affatto cambiati anzi, la storia recentissima del nostro Paese che riguarda la gestione dei grandi lavori da parte di alcune (poche) grandi imprese, e della miriade di sub-appalti e sub-sub-appalti, è certamente una delle pagine più oscure e tristi della nostra Repubblica.
Infine, vengo alla cosa più importante: ma questa operazione serve veramente a migliorare la sanità sul nostro territorio? Io penso che ciò su cui occorra investire maggiormente oggi sia sulle persone: sul personale medico e su quello paramedico. Sulla loro quantità e sulla loro costante professionalizzazione, partendo dal presupposto che occorre una maggiore prevenzione e un più costante presidio del territorio, che vanno valorizzati i medici di famiglia e messi in rete con dotazioni di adeguati strumenti di diagnosi e di prima cura. In fondo l’ospedale deve essere il terminale di una complessa azione a tutela della salute che dovrà essere usata il meno possibile e da meno persone possibili: solo così si sarà raggiunto l’obiettivo di migliorare la salute. L’ospedale visto come una cittadella della salute (o della malattia), in dimensioni sproporzionate rispetto ad un territorio, non assicura né efficienza, né efficacia nella sua azione, anzi ci sono studi che dimostrano esattamente il contrario, ossia che superare un certo numero di posti letto comporta svantaggi per i cittadini e per il personale che lo deve gestire.
I tempi per la sua costruzione, fra l’altro, sarebbero certamente lunghi, per non dire lunghissimi. Si parlerebbe di moltissimi anni, senza peraltro avere nessuna certezza. Un ulteriore esempio su questa possibile indeterminatezza dei tempi, proprio sul nostro territorio, è rappresentato dalla costruzione del nuovo ospedale di Jesi (si proprio Jesi, vicino ad Ancona, e non a Reggio Calabria o a Catania). Dopo che il suo inizio è avvenuto circa una decina di anni fa, ancora oggi, causa il fallimento di una delle ditte che vi lavoravano ed il relativo contenzioso che ne è nato, completato per circa il 90% non può essere però ancora inaugurato e non si sa quando potrà avvenire la sua messa in opera definitiva. Quindi, tornando al nuovo ospedale Pesaro-Fano, in tutti i prossimi anni, con la gran parte delle risorse “drenate” dalla costruzione del nuovo ospedale, come faremo a garantire il miglioramento della qualità e della quantità delle prestazioni sanitarie nel suo complesso?
Per tutti questi motivi, io penso che sia necessario essere più realisti, investire cioè sulle strutture già esistente e su un loro efficace miglioramento, nella logica di un sistema a rete che specializza le varie strutture esistenti in funzione dei bisogni effettivi per la salute dei cittadini.
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4 risposte a “D’ACCORDO CON D’ANNA e contro l’ospedale unico Pesaro-Fano”
per Lucarelli: creare posti di lavoro nella produzione di cose non abbastanza utili, prima o poi si paga con gli interessi.
per Darpetti: non mi risulta che abbia cambiato idea il dott. I.Gardi, che gia’quand’era manager del S.Salvatore proponeva: fare viaggiare le informazioni e le competenze, non i pazienti.
Primo punto: serve un Ospedale Unico? Se ci sono, e ci sono, problemi con le vecchie strutture
questi giustificano una nuova struttura? Anche il nuovo padiglione del Santa Croce doveva “essere moderno e funzionale” la realtà e ben diversa come dimostra il Pronto Soccorso labirinto e 6 camere operaorie mai entrate in fuzione e tutt’ora abbandonte.Io credo che la Sanità è fatta di professionisti e strumenti, prima di tutto.Una nuova struttura senza umomini e mezzi sarebbe solo un nuovo edificio.Conoscendo i miei polli sono convinto che interessi più “l’edificio” e il business collegato piuttosto che la salute dei cittadini come dimostrano le liste d’attesa, le carenze , gli accorpamenti, i problemi dei pronto Soccorso, la mancanza di personale che da anni caratterizzano i nostri ospedali. Problemi mai affrontati seriamente, problemi voluti per giustificare la fuga verso il privato o per giustificare la mare di utti gl affari: l’Ospedale Unico co.
Ho già espresso tempo fa il mio parere favorevole al’ ospedale unico.
Dal punto di vista tecnico è, per me, la soluzione migliore. Concordo con Gabriele sul fatto che sanità non è solo ospedale, questo deve servire a meno cittadini possibile per il minor tempo possibile, ma proprio in quest’ottica non sarebbe necessaria una mega struttura. Condivido i timori sui tempi e le speculaazioni, ma so che anche in Italia sono stati realizzati ospedali in tempi brevi, certo la nostra esperienza non è tale, la nuova ala dell’ospedale di Fano ha richiesto anni per poi rivelarsi una porcheria, ma non riesco a non sognare che possa essere possibile fare delle cose buone: un ospedale nuovo, delle giuste dimensioni e dove il cittadino trovi tutto quello che gli serve , anche in termini alberghieri. L’uso delle aree dismesse dei vecchi ospedali potrebbe anch’ essa essere occasione per realizzare zone urbanisticamente ben fatte. Sono sogni lo so, ma bisogna pur farli.
CONCORDO IN GRAN PARTE SU QUANTO AFFERMATO. UNICA OSSERVAZIONE: PER QUALE MOTIVO SI DEVE “DEMONIZZARE”la cosa come:” mettere le mani sul più grande affare immobiliare del nuovo secolo…”
Forse che mettere in piedi un’operazione da centinaia di milioni di euro non creerebbe sviluppo e migliaia di posti di lavoro in un momento di profonda crisi come questo? Sull’aspetto tecnico, non essendo un esperto del settore, non mi pronuncio, ma credo che una nuova struttura moderna dotata di tutti gli accorgimenti tecnologici potrebbe essere “ottimizzante” rispetto ad operazioni di continuo “rattoppo” di vecchie strutture. Un aspetto invece su cui concordo pienamente è quello dei tempi di realizzo che ahimè, conoscendo l’andazzo italiano, sono davvero un aspetto a dir poco inquietante da considerare. Comunque ritengo che la discussione, vista l’enorme importanza del tema, dovrebbe essere portata completamente fuori dai binari dello squallido teatrino politico ed analizzata seriamente solo in funzione delle reali conseguenze dirette sulla qualità effettiva del servizio sanitario nell’interesse unico delle esigenze della popolazione. Mi auguro che i politici che hanno buone orecchie per intendere..intendano. ma, sono sincero, non ho molta fiducia !