Una biblioteca a pagamento è il triste sintomo di una politica culturale in crisi

La decisione di introdurre una tessera a pagamento per accedere ai servizi della Memo e della Federiciana (da sempre gratuita) ci sembra l’evidente sintomo di una politica culturale oramai alla deriva. Se è vero che buona parte di questa deriva trova ragioni nella difficile situazione causata dalla crisi e dalla macelleria sociale e culturale attuata dal governo nazionale, di cui l’assessorato è soltanto vittima, non altrettanto indulgenti possiamo essere verso una gestione della politica culturale che in questa fase si sta contraddistinguendo soprattutto per le baruffe tra i suoi principali attori. Con il risultato di barcamenarsi tra scelte estemporanee e impopolari, utili solo ad allungare l’agonia della cultura cittadina e a evitare accuratamente di affrontare debitamente le questioni.

Nel caso in specie l’assessore alla cultura ha omesso di ricordare che una tessera a pagamento è un’anomalia nel panorama nazionale né ha spiegato come la Memo si inserirebbe nel sistema bibliotecario provinciale (e nazionale) integrato in cui l’accesso alle altre biblioteche è gratuito (immaginiamo soltanto cosa succederebbe se tutte le biblioteche decidessero di seguire l’esempio di Fano: chi fa ricerca si ritroverebbe a dover pagare una serie interminabile di gabelle). A questo va aggiunto che il consigliere Benini, a marzo, alla discussione sul bilancio aveva proposto un emendamento sul bilancio (respinto) che avrebbe dato alla Memo quei 25 mila euro che oggi si pensa di ricevere dal tesseramento.

Inoltre anziché illustrare compiutamente ai cittadini le difficoltà che la Mediateca sta affrontando, si è preferito un silenzio dannoso e un generico “appello alla responsabilità”. Siamo invece convinti che un atto coraggioso di trasparenza faciliterebbe nel cittadino la presa di coscienza che la Mediateca è un patrimonio civico comune da sostenere in questo frangente. Così invece si trasforma la Mediateca in un corpo estraneo alla città, un bubbone esoso e sfornito, e si svaluta il grande impegno di chi in questo progetto ha speso molto (non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto da quello professionale ed umano).

Infine (cosa più grave) la tessera a pagamento è stata introdotta in maniera improvvisata e superficiale. Anche il comune di Roma ha introdotto una bibliocard a pagamento per cercare di migliorare l’offerta qualitativa, ma l’ha accompagnata con una serie di agevolazioni per i possessori sia nell’utilizzo di diversi servizi bibliotecari sia nella disponibilità di benefici nel godimento di attività e prodotti culturali (convenzioni con alcune librerie e sconti sulla fruizione di iniziative e spettacoli culturali). A Fano invece anziché coniugare la necessità di fondi con la diffusione della cultura si preferisce limitarsi a fare cassa alla buona.

Si poteva per esempio fin da subito almeno accompagnare l’introduzione della tessera a pagamento con un’alleanza tra Mediateca, Teatro (sconti sugli abbonamenti e sulle iniziative estive) e librerie.


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