Il turismo non può essere oggetto di strumentalizzazione politica

In questi ultimi giorni lo stato del nostro turismo è stato spesse volte sui giornali come oggetto di polemica politica. E’ assai buffo osservare che nello stesso giorno a Pesaro un dirigente di Alleanza Nazionale attacca l’assessore DS accusandolo di inefficacia sulla attività di promozione turistica (dopo che lo stesso assessore aveva nei giorni scorsi sciorinato dati positivi sul turismo pesarese), e a Fano l’assessore al turismo di Alleanza Nazionale (Cavalieri) si difende da un attacco di dirigenti Ds sulla qualità del turismo fanese riportando dati molto positivi dell’annata in corso. In realtà, forse, nessuno di costoro sa di che cosa sta parlando. In primo luogo perché i dati delle presenze turistiche, da soli, non vogliono dire quasi niente. In secondo luogo perché le Istituzioni, e la politica, sono oggettivamente in ritardo nel capire i problemi di uno dei settori più importanti per il nostro territorio, nonchè per l’intero Paese.
Una piccola riprova proviene da un altro articolo, pubblicato lo stesso giorno degli altri due, di una imprenditrice turistica di Gabicce che mette appunto in evidenza che i dati statistici possono essere letti in vari modi, che non sono in grado di rispecchiare tutte le sfaccettature di un problema complesso e termina dicendo che “in questo settore il Pubblico non esiste, nel senso che le Istituzioni sono ancorate ad un vecchio modo di fare. Non servono i contributi a pioggia, manca il senso di un lavoro comune perché ci si perde in diatribe di partito o legate a interessi di basso profilo”.
Uno dei problemi è infatti esattamente questo: i politici si perdono in chiacchiere e polemiche inutili e non sanno come affrontare il problema. Ma ci possiamo ancora permettere che un settore importante come il turismo sia oggetto di strumentalizzazione politica? Io penso di no.
In un settore che potrebbe dare lavoro a molte più persone e che sarebbe oltremodo utile a valorizzare e preservare le bellezze naturali ed artistiche di cui il territorio è ricco, occorre uno sforzo corale di mettere tutti intorno al tavolo, operatori, politici, utenti, per studiare maggiormente i problemi e trovare insieme le soluzioni, e le risorse, per rilanciare una attività sicuramente strategica.
E’ pur vero che anche tra gli operatori non c’è identità di vedute. Alcuni sostengono che la stagione che sta per concludersi è stata positiva, altri dicono che è stata la peggiore degli ultimi anni. Probabilmente hanno ragione entrambi, o hanno torto entrambi, se personalizzano l’analisi di un settore rispetto al loro micro-cosmo di riferimento. O anche loro cadono nel tranello di leggere semplicemente i dati delle presenze. Ma i dati che occorrerebbe analizzare sono la redditività di queste presenze rispetto a quelle degli anni precedenti (come in una impresa non basta guardare l’incremento o il decremento del fatturato, ma se lo stesso ha prodotto utile o perdite), inoltre occorrerebbe analizzare il grado di soddisfazione delle persone che sono state ospiti da noi, qual è il loro grado di fedeltà, e altri dati qualitativi. Occorrerebbe analizzare meglio la capacità imprenditoriale dei nostri operatori turistici, facendo il paragone con altri Stati che in pochi anni ci hanno sorpassato. E’ facile notare che alcuni più intraprendenti ed innovativi (pochi) hanno avuto buone soddisfazioni, mentre altri più “statici” lamentano diminuzioni di presenze. A Fano, per esempio, non mi ricordo da quanti anni non si costruisca un nuovo hotel, o non si ristrutturi radicalmente quelli esistenti (prevedendone ad esempio la piscina). Un ulteriore elemento significativo è rappresentato dal fatto che nelle Marche ci sono poco meno di 1.000 alberghi, rispetto ai 4.800 dell’Emilia Romagna, che pure ha una estensione della costa inferiore a quella marchigiana.
E triste osservare che per un territorio come l’Italia, la politica turistica non sia uno dei primi pensieri e problemi da affrontare (e dire che non so quante altre nazioni possano vantare i chilometri di coste marine come l’Italia, o la quantità di tesori artistici ed archeologici). Per il Sud, povero di industrie, l turismo potrebbe rappresentare un vero e proprio asso nella manica. Invece proprio nei giorni scorsi leggo dell’ennesimo trasferimento del Dipartimento del Turismo dal Ministero delle Attività Produttive alla Presidenza del Consiglio, dopo che un ministero ad hoc era stato abolito con un referendum ben 14 anni fa. A ben ripensarci, non ricordo proprio che cosa ci avevano messo in testa per darci una ragione valida per abolire un ministero così strategico per l’Italia. Sicuramente questi 14 anni senza un Ministero per il Turismo li abbiamo pagati cari, e chissà quanto ancora dovremo pagare.
Ma rimane il problema di fondo di mancanza di idee e di strategie. Occorrono studi approfonditi, occorrerà copiare da altre Nazioni esempi di successo, e ripristinare Enti ed Istituzioni più adeguate ed attrezzate rispetto a quelle attuali. Una volta c’erano le “Aziende di Soggiorno” che facevano una attività discreta, oggi è rimasto pressoché il deserto: poche persone, con poche risorse e poche idee.
Le idee, appunto, non vengono senza ricerche e studi adeguati, senza investire in risorse umane.
Innanzitutto va affrontata una politica di prezzi troppo alti (detassando alcune attività per ridurre i costi di gestione); è necessario migliorare la qualità e la quantità dell’offerta ricettiva con una maggiore attenzione a tutte le fasce della popolazione (in Italia è assolutamente carente, ad esempio, un sistema di Alberghi della Gioventù); servono investimenti molto più consistenti per ampliare la rete dei collegamenti ferroviari, così come sarebbe necessario mettere gli scali aeroportuali in rete, eliminando situazioni di infruttuosa concorrenza sleale; è opportuno stabilire una sinergia tra gli Enti Pubblici ed i privati per la promozione turistica; serve valorizzare maggiormente il binomio costa/entroterra; occorre migliorare l’utilizzo di internet per fornire informazioni più dettagliate ma anche per le prenotazioni, garantendo poi il rispetto scrupoloso delle offerte proposte; serve migliorare la cartellonistica di tutti i tipi affinché sia più chiara ed omogenea, così come occorrerebbe una classificazione più uniforme del sistema ricettivo (troppo spesso alcuni standard non sono rispettati). Infine riguardo alle imprese turistiche occorrerebbe incentivare l’aggregazioni tra le micro-imprese (sotto una certa dimensione è più difficile garantire la qualità), nonché coinvolgere maggiormente le associazioni di categoria insieme alle associazioni dei consumatori per misurare meglio la soddisfazione degli utenti.
Visto che a Fano la situazione non è certo migliore del resto del Paese noi facciamo un appello affinché il turismo ritorni ad essere l’oggetto di un impegno prioritario, le cui strategie siano messe a punto insieme facendo funzionare le consulte economiche e quelle specifiche di settore, chiedendo il concorso di tutti ed abbandonando le polemiche da “dilettanti allo sbaraglio” di questi giorni.


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