L’Istat ha pubblicato i dati sulla povertà relativa in Italia riferiti all’anno 2006, dai dati si evince che nella nostra regione l’incidenza di povertà ha avuto una variazione statisticamente di un leggero aumento rispetto all’anno precedente. Ma è ormai chiaro che le dinamiche che hanno riguardato sottogruppi specifici di famiglie che sono sotto la soglia della povertà relativa sono riscontrabili anche nel nostro territorio.
La stampa locale ha dato in questi giorni giustamente rilievo all’ordinanza del Comune di Fano sul problema dei senza fissa dimora, questione che rientra nel settore delle politiche sociali definite povertà estreme.
Non entrerò, quindi nello specifico della tematica, che meriterebbe un serio approfondimento, ma voglio porre all’attenzione quanto abbiamo analizzato e sostenuto nella recente pubblicazione “il disagio della città che cambia” 1° rapporto sulle povertà scritto in stretta dall’Ambito Sociale e dalla Caritas Diocesana.
La nostra città è cresciuta e continua a crescere, fattore positivo perché i processi di sviluppo economico hanno fatto da traino ai processi migratori, ma la città che cresce pone una serie di problematicità soprattutto sul sistema di Welfare.
Le famiglie degli immigrati sia italiane che provenienti dai paesi stranieri che si ricongiungono hanno necessità di servizi, per primo l’alloggio, poi la scuola, la sanità, i servizi sociali.
Quindi il problema reale, non è solo l’aumento della presenza dei fissa dimora nel centro storico, che peraltro pur con difficoltà riusciremo a risolvere, ma è la povertà relativa che aumenta e preoccupa, quella che l’istat classifica come le famiglie con un reddito inferiore al reddito medio nazionale.
Per capirci una famiglia di tre persone è sotto la soglia se percepisce un reddito minore di 1290,55 euro al mese.
Se solo pensiamo ai redditi da lavoro dipendente(mediamente al netto 1.100 euro al mese) e alla criticità del costo degli affitti(mediamente 400 euro al mese per un appartamento di 70 mq), possiamo stimare che le famiglie dove entra solo un reddito da lavoro (quindi non lavorano in due) non riescono a “galleggiare”.
Questo è il vero problema della povertà che incide su uno zoccolo duro di bisogni, questo abbiamo costato analizzando i dati dei Servizi Sociali e della Caritas.
Le famiglie sotto la soglia di povertà relativa a Fano stimate con gli indicatori Istat nell’anno 2005. erano 1.695 pari al 6,9%, un dato in linea con il dato regionale ed inferiore al dato nazionale 11,1%.
La povertà delle famiglie è una grande sfida: le realtà familiari numerose sono le più esposte: brutalmente si può dire che ogni figlio porta con sé una crescita di rischio di impoverimento.
Si rischia inoltre di entrare in una condizione di povertà soprattutto quando la famiglia diventa monogenitoriale, quindi molto spesso monoreddito: il fenomeno interessa quasi sempre madri sole con figli; dobbiamo anche rilevare che è in forte aumento una casistica di povertà relativa dovuta a gravi problemi di salute mentale.
La criticità della casa, l’alto costo degli affitti,(affitti raddoppiati negli ultimi sei anni e prezzi d’acquisto aumentati del 50%) che fa sì che più di 500 famiglie attendono il miraggio di un alloggio pubblico, la casa quindi rimane il problema maggiore dell’impoverimento. Il tema dei fattori abitativi nei processi di inclusione sociale è conseguente ai fenomeni migratori, se si vogliono operai nelle nostre aziende dobbiamo pensare alle case per le loro famiglie.
Nel passato nella nostra città noi avevamo nella povertà e nella marginalità le cosiddette famiglie predestinate, persone la cui biografia, purtroppo era segnata fin da principio da situazioni difficili, da malattie, da disoccupazione “ cronica”; oggi invece si deve parlare di esculsione come processo, perché riguarda persone e famiglie che magari un lavoro lo hanno ma non gli basta.
Sostenere il sistema di welfare è quindi interesse di tutti, sostenere il capitale sociale di tante associazioni e di tanti cittadini che si spendono per rafforzare le reti solidaristiche, sostenere la sussidiarietà tra pubblico e privato, sostenere la responsabilità sociale d’impresa, sostenere la qualità della vita di una città nella quale crediamo bella, inclusiva, partecipata dove i processi di sviluppo economico si coniughino con una alta qualità della vita per tutti cittadini.
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