Lavoro: come fronteggiare la crisi

Non ho dubbi sul fatto che le direttrici su cui occorre muoversi, per aiutare il nostro territorio ad uscire dalla crisi, sono essenzialmente tre:

  • investire risorse pubbliche su piccole opere di manutenzione ordinaria e straordinaria. Tanti cantieri, per piccoli lavori, ma che consentirebbero di far lavorare le imprese artigianali locali. Tali lavori di manutenzione, avrebbero come secondo beneficio un contesto più vivibile (strade più sicure, aree verdi più curate, arredo urbano maggiormente fruibile, ecc.).  Se, inoltre, all’interno di questi piccoli lavori ci fossero anche le opere di sistemazione idrogeologica, si potrebbero alleviare i molti problemi che emergono continuamente per la scarsa manutenzione del territorio, in caso di grandi piogge o di forti venti. Infatti con argini dei fiumi meglio attrezzati, con fossi scolmatori puliti ai lati delle strade, con pozzetti di ricezione delle acque adeguatamente ripuliti) si eviterebbero le frequenti inondazioni, le strade allagate, le micro-frane di terriccio che invadono le strade, ecc.
  • aumentare il potere di acquisto dei lavoratori. Oggi è più che mai necessario far si che le “buste paga” siano più pesanti. Allora occorre ridurre la pressione fiscale a cominciare dall’addizionale Irpef regionale. Per aumentare il “netto” percepito in busta paga occorre diminuire le tasse. E ci sono tante piccole tasse o balzelli anche a livello locale e regionale. Gli incentivi messi in campo dal Governo, sembrano più un “regalo ad alcune lobbies” piuttosto che interventi diretti ad aumentare le disponibilità dei cittadini. L’incentivo per l’acquisto di cappe elettriche sembra fatto più per chi le produce (tra i quali c’è un certo Senatore del Pdl di Fabriano che è uno dei maggiori produttori italiani), che per chi le deve usare. Oggi il problema non è come aspirare i fumi ed i vapori dalla cucina, ma che ci siano tutti i giorni fumi e vapori in cucina per tutti gli italiani. Anche Giacomo Vaciago, noto economista, propria in una intervista di lunedì, diceva che i bonus predisposti dal Governo “non guariscono il male” della diminuzione dei consumi e non aiutano il sistema ad uscire dalla crisi
  • la terza direttrice è quella di aiutare le imprese ad avere realmente maggiore credito dalle banche, per poter sopravvivere alla crisi pagando i loro fornitori e dipendenti. Purtroppo sono stati investiti da tutti i Governi ingenti risorse per aiutare le banche, senza che quest’ultime abbiano realmente contraccambiato, riaprendo i “cordoni della borsa” alle imprese. Alle imprese che si possono trovare in situazioni di difficoltà e viene a mancare anche la liquidità finanziaria, non sono messe nelle condizioni di avere una speranza per la ripresa, perché debbono chiudere prima, ed è quello, purtroppo che sta accadendo.

A queste direttrici si potrebbe aggiungere un tema, forse ormai eccessivamente abusato, degli investimenti sulla “green economy” che migliorano l’ambiente e creano posti di lavoro. Nelle Marche c’è ancora tanto da fare, a partire dalla riconversione delle case a classi energetiche più efficienti e con meno sprechi, fino ad accorgimenti sulla bioedilizia. Qui occorre investire molto sula formazione degli addetti, affinché sappiano dare le risposte giuste, ed una grande campagna informativa ai cittadini sulle opportunità ed i vantaggi economici che ne derivano. In ogni territorio in cui si sono ottenuti dei risultati, si è sempre partiti da un grande sforzo di formazione dei tecnici e degli artigiani, che deve essere fatto dalla Regione con le risorse pubbliche del Fondo Sociale Europeo. –


Commenti

2 risposte a “Lavoro: come fronteggiare la crisi”

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    Il governo e la regione possono con le misure fiscali intervenire per indirizzare e sostenere le attività economiche (vedi gli ultimi provvedimenti tra cui ad es il sostegno ai motorini, ecc). Lo stesso la regione interviene. Si può dare aiuti di stato vincolandoli all’occupazione. Ovviamente se non ci sono vincoli e condizioni negli aiuti di stato e quindi si danno aiuti anche a chi delocalizza, Cina ed est europa (ad es Indesit chiudeva a Torino e creava stabilimento in Polonia) allora non si fa una politica per l’occupazione. Queste sono scelte squisitamente politiche. Paolo

  2. Avatar Giuseppe
    Giuseppe

    Ma si può fare qualcosa secondo voi per scoraggiare se non impedire il trasferimento all’estero (cina e est europa) delle produzioni e manifatture marchigiane e italiane?