Erano i mitici anni 60” quando la classe dirigente politica fanese fu investita di una scelta non facile per lo sviluppo economico e produttivo della città. La proposta di realizzare a Fano uno zuccherificio venne da imprenditori di fuori città e fuori regione, dal Veneto.
La scelta che fecero gli amministratori sostenendo la proposta fu certamente felice per quei tempi, perché lo zuccherificio fu un’azienda che s’inseriva in un contesto di territorio agricolo ricettivo per la produzione della barbabietola, soprattutto tenendo conto che questa produzione servì a frenare il declino dell’agricoltura sostenendo il reddito e salvaguardando pertanto posti di lavoro in un settore fortemente in crisi.
L’azienda trasferì un gruppo di tecnici dal Veneto e questi lavoratori immigrati ricongiunsero in poco tempo le loro famiglie che furono accolte nel tessuto sociale della città senza problemi. Gli amministratori decisero per favorire l’insediamento di concedere il terreno di proprietà pubblica dell’Ente Comunale di Assistenza (Opere Pie Ponte Metauro) ad un prezzo puramente simbolico per favorire occupazione e quindi benessere per i cittadini.
Un’analoga operazione fu fatta con la SCAC che produceva manufatti in cemento i famosi pali per l’Enel.
Lo zuccherificiosviluppava una forte lavorazione stagionale che richiedeva operai specializzati che a regime arrivavano anche a più di 200 unità di occupati, le retribuzioni per quel periodo, erano alte rispetto ad altri settori produttivi e oltre il beneficio diretto per gli agricoltori la raccolta della barbabietola aveva una positiva ricaduta su molte imprese di trasporti locali.
Molti giovani studenti poi trovavano lavoro nel periodo stagionale e con il “ ricco gruzzoletto” guadagnato si mantenevano agli studi per tutto l’anno.
L’unico inconveniente era l’odore “dolciastro” che arrivava specie nella parte sud della città quando il vento spirava da “grecale”.
Ma lo zuccherificio non era una fabbrica inquinante, l’azienda pose attenzione anche agli scarichi costruendo delle vasche di decantazione degli scarti della lavorazione.
La storia di oggi la conosciamo tutti, la chiusura dello zuccherificio smantellati tutti gli impianti, distrutte anche le due torri silos che si potevano conservare come proposto dall’architetto Botta segno di quell’archeologia industriale, l’area ora è piena di capannoni industriali.
Sarà la classe dirigente politica di oggi capace, come lo furono nel passato quei decisori politici, di scelte lungimiranti per il futuro della città? –