Il dibattito che ciclicamente si riapre sul tema della ex-Caserma Paolini, continua a tralasciare l’aspetto più importante: il suo reale utilizzo, una volta che sia rientrata in possesso del Comune.
L’utilizzo di una STU o di altro strumento, la congruità del prezzo pagato per il suo eventuale acquisto, così come gli ingenti costi della sua ristrutturazione, non possono prescindere dalla decisione rispetto all’uso a cui può essere destinata.
Noi pensiamo che ai cittadini, così come alle organizzazioni di categoria, appassioni poco il dibattito sui “tecnicismi” del suo acquisto, ma può altresì interessare dare un contributo per determinare insieme le modalità con cui potrà essere utilizzata al meglio per il bene comune della città. E’ in questo senso che diversi mesi fa lanciammo la proposta di un “concorso di idee”, che coinvolga cittadini, urbanisti, intellettuali, per valutare con un ampio percorso di partecipazione e di discussione un utilizzo utile e bello di questa struttura che, per le sue grandi dimensioni, si presta a molteplici attività.
Ma ancora una volta il dibattito ricomincia dalla fine e non dall’inizio. Infatti in tutte le procedure che normalmente si attivano per l’acquisizione di un bene (sia da parte del privato che da parte del pubblico) si comincia decidendone l’utilizzo, e solo in funzione di questo si individuano le condizioni ottimali per acquisirne la proprietà. Per questo nel progetto di acquisto dell’ex-caserma Paolini, invece, c’è ancora un grande buco: quello relativo al costo della sua ristrutturazione. Infatti se non è ancora chiaro il suo futuro utilizzo, non è conseguentemente possibile definire quanto costerà riadattarla ai nuovi usi. Ma la domanda rimane la stessa: chi acquisterebbe un bene patrimoniale dal costo molto consistente senza sapere quanto ancora si dovrebbe spendere per renderlo utilizzabile?.
E dire che non dovrebbe essere indifferente il motivo per cui un Ente Locale decide di spendere 21 milioni di euro (più l’importo che sarà necessario per ristrutturare gli immobili) indebitandosi per molti anni a venire, se non è legato ad un uso razionale e condiviso. Ma il suo utilizzo, con tanto di budget economico, non viene mai chiaramente illustrate. Si rimane sempre a livello di slogan politici, sia da parte di chi governa, sia da parte di chi sta all’opposizione.
L’unica cosa finora trapelata è che essa possa essere destinata a riunire gli uffici comunali. Ma può essere congruo spendere quasi 50 milioni di euro solo per razionalizzare gli uffici del Comune? Un’altra ipotesi, circolata in alcuni periodi, è stata quella di destinarla all’Università o ad attività scolastiche. Ma riguardo all’Università, è uscito proprio nei giorni scorsi un appello di alcuni rettori marchigiani ad eliminare un eccessivo decentramento che fa lievitare i costi in maniera non più sostenibile per i bilanci delle stesse Università. Riguardo alle Scuole, invece, non risulta a tutt’oggi nessun progetto concreto di un possibile trasferimento di un Istituto Scolastico nell’ex.caserma Paolini. Infine tra le altre ipotesi, c’è anche quella di un possibile parcheggio sotterraneo da posizionare sotto l’ex-caserma. Ma in questo caso, oltre agli ingentissimi finanziamenti necessari per un’opera di tale portata, non si correrebbe il rischio di rendere inutile il parcheggio multipiano Vanvitelli da poco inaugurato e ancora sottoutilizzato?
Senza un piano ben preciso che riguardi l’utilizzo della ex-caserma, viene il sospetto che l’obiettivo vero non sia questo immobile, ma quello di mettere in moto un complesso meccanismo di compravendita di altri palazzi nel centro cittadino per successive trasformazioni urbanistiche. Ci sarebbe, insomma, in ballo un grande affare immobiliare che potrebbe durare per anni, creando opportunità economiche per molti imprenditori del settore delle costruzioni, e non solo. Interessi legittimi, ma che potrebbero non corrispondere ad un effettivo bene comune per la città.
Noi riteniamo che su quello che potrebbe essere definito “l’affare del secolo” per la città di Fano, si debba aprire un dibattito, ed un percorso di trasparenza, molto superiore a quello che c’è oggi, che invece appare ristretto a poche “stanze” della politica.
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