ARTICOLO TRATTO DAL N 6 2008 DE IL PUNGIGLIONE
Nel recente convegno “Il credito è un bene comune” Roberto Mazzotti, Direttore Generale di Iccrea Holding, ha fornito alla cittadinanza fanese la sua visione del credito bancario e della crisi finanziaria che ha ormai interessato l’economia mondiale.
Voglio riprenderne e semplificare alcuni concetti. Ad esempio, non è sbagliato sostenere che la causa ultima della crisi americana sia da ricondurre all’avidità che ha pervaso il sistema bancario, alla corsa verso i guadagni, specie di breve termine, in una parola alla “massimizzazione del profitto”. Se questa, in estrema sintesi, è la causa di tutto, viene da chiedersi se tra chi operava nella finanza poteva prevalere spontaneamente un comportamento morale per evitare il disastro cui stiamo assistendo. Oppure se è illusorio pretendere dei comportamenti morali nella finanza senza che siano fissate adeguate regole a frenare gli azzardi morali. Io propendo per la seconda soluzione, come in Italia, dove per legge da anni è imposta la “sana e prudente gestione”. Regole mancate in Usa in quanto le autorità politiche americane – seguendo l’imperante visione tacheriana e reganiana – hanno sostenuto che il sistema economico, autoregolantesi, sarebbe prosperato se lasciato libero di agire senza lacci e lacciuoli: libero mercato, senza regole, senza intervento dello Stato.
Ma in Usa la finanza ha fallito proprio il test del mercato. Da lì è partita la crisi che ha travolto il mondo intero. Così oggi è più facile sostenere quanto fallace sia la teoria della deregolamentazione. Ironia della sorte proprio i suoi sostenitori, i repubblicani americani, hanno dovuto legiferare il salvataggio delle banche da parte dello Stato, con il piano Paulson da 700 miliardi di dollari.
Banche americane in fallimento, e salvataggi statali in tanti paesi del mondo ed europei (Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Irlanda, Islanda). In Italia c’è, per ora, solo un decreto per la ricapitalizzazione da parte dello Stato delle principali banche e gruppi bancari.
Come nel resto del mondo, anche in Italia è stato intaccato pesantemente quel risparmio difeso dall’art. 47 della Costituzione Italiana. Un risparmio più che dimezzato dal crollo della Borsa. Risparmi rapidamente dilapidati che rappresentavano il frutto di intere vite lavorative. E’ stata così compromessa la sicurezza economica di tante famiglie.
Il sintomo di una crisi non compresa fino in fondo nella sua gravità (non vorrei spingermi a parlare di inganno verso i propri cittadini) è stato l’invito del capo del Governo a non diffondere il panico: “tenetevi le azioni, non vendetele. Fra due anni i corsi risaliranno come in una crisi ciclica”. I risparmiatori che hanno seguito tale consiglio, ora piangono amaramente la scelta fatta. Le borse hanno continuato a precipitare, come nel resto del mondo, a livelli infimi. E non siamo ancora giunti in fondo al precipizio.
Oggi dalla stesso politico viene un altro appello: “consumate, altrimenti si diffonde il pessimismo”. Bisogna consumare per non affossare la nostra economia. Da un punto di vista economico l’invito è corretto. Difficile però sostenere questa tesi ai 400 mila precari che già oggi non hanno avuto riconfermato il proprio posto di lavoro, o alle milioni di persone vicino alla soglia della povertà e che faticano ad arrivare a fine mese, o persino ai tanti con risparmio in borsa ora annullato. Il Capo del Governo avrebbe dovuto rivolgere questo invito ai governanti europei (Merkel in primo luogo), con minor deficit statale, invitandoli a fare la loro parte. Andavano superate le divisioni europee. Andava sottolineato che i fondi stanziati dall’Unione Europea per fronteggiare la crisi sono risultati eccessivamente esigui, e che si è lasciato troppa discrezionalità ai vari Paesi nel loro utilizzo. Avrebbe dovuto dire che manca un piano europeo di intervento rapido. Di interventi rapidi c’è bisogno. Io sostengo, oggi che le uova sono rotte e la frittata è stata fatta, che sia più giusto parlare onestamente ai cittadini per dare loro consapevolezza di cosa sta succedendo. Spiegare e fare capire. Capire che il terremoto finanziario non è stato un capriccio della natura, ma è il frutto di una assenza di regole (deregolamentazione) introdotta da una visione ideologica. In secondo luogo ammettere che nessuno ha la soluzione del problema. Nessuno ha l’autorità, la capacità, o padroneggia i meccanismi del mercato per evitare gli avvitamenti della crisi che stanno avvenendo. In terzo luogo, se queste premesse sono valide, per affrontare in maniera corretta questa crisi deve essere ricercata una convergenza di valutazioni, analisi, ricette da parte di maggioranza ed opposizione. Va ricercata una concordia nazionale e non fare valere la maggioranza numerica in parlamento. Trovare insieme, in spirito costruttivo, soluzioni condivise per non disperdere un tessuto produttivo frutto di tante vite di lavoro. Ma purtroppo, non si sta andando in questa direzione.
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